Lorella Zanardo è consulente organizzativa, formatrice e docente. Scrive e si occupa di tematiche inerenti il femminile. Fa parte del Comitato Direttivo di WIN, organizzazione internazionale di donne professioniste con sede ad Oslo. Il suo documentario Il corpo delle donne analizza il corpo ed il volto della donna in televisione e ci costringe a riflettere per guardare la televisione in modo nuovo. Lì appare un'immagine femminile artefatta dove il vero Volto viene accuratamente occultato. Che fine hanno fatto le donne che lottano, combattano ed amano mostrandosi senza paura? Come crescono i giovani con questi modelli? Sono domande che ci interessano, come filosofi non possiamo sottrarci.
D. Dottoressa Zanardo, il suo documentario Il corpo delle donne è un successo: cliccato in otto mesi da un milione di persone su internet e segnalato con recensioni in tutta Europa. Come insegnare ai ragazzi (maschi e femmine) a guardare la TV in modo consapevole per imparare a valorizzare fin da giovani la figura femminile? R. Quello che abbiamo cercato di fare con il documentario è innalzare il livello di consapevolezza su come la figura della donna in televisione in Italia si è svilita. Col documentario molti ci dicono: “Io la televisione la vedo sempre e invece focalizzando l’attenzione col documentario mi accorgo di cose che normalmente non vedo”. Qui la prima risposta alla sua domanda è: parlare con i ragazzi, far notare cose che a loro non sono immediate. Quello che noi abbiamo concretizzato con il nostro progetto “Nuovi occhi per la TV” è un progetto di formazione per gli insegnanti delle scuole nato su richiesta degli insegnanti. Noi con questo cerchiamo di dare degli strumenti in modo tale che gli insegnanti siano più attrezzati a far sì che ci sia più sensibilità. Secondo me può bastare partire in casa, guardare la televisione insieme e far notare ciò che non è detto ai ragazzi sia comprensibile nella foto: Lorella Zanardo
D. Anche perché i ragazzi si pongono spesso passivamente davanti alla TV invece se qualcuno fa notare, come dice lei, alcuni aspetti poi le volte successive stanno più attenti R. Certo, basta veramente poco non serve demonizzare la televisione, ma fungere un po’ come quando sottolineiamo un libro con la matita, avere quella funzione
D. È proprio un bel esempio R. Sì, uno sottolinea, non è che debba scrivere in rosso e in verde…Per esempio noi chiediamo a scuola: “Vi sembra corretto che ci sia tanta chirurgia estetica in televisione?” Quindi far notare quello che loro vedono e che magari non hanno la capacità di analizzare D. Questo è un bel suggerimento per genitori ed insegnanti. Il successo del video si può leggere come una tendenza contraria all’omologazione del corpo e del volto femminile? R. Credo che noi siamo andati a rispondere ad un bisogno che c’era nella società e nel pubblico ma che non trovava luogo, nel senso che già c’erano moltissime femministe che fanno un lavoro egregio ma spesso rimane confinato in piccoli circoli. Il nostro documentario non ha creato un bisogno, c’era, c’era un bisogno delle donne inespresso a non farsi rinchiudere in questi stereotipi così stretti. In questi mesi in cui stiamo portando in giro il documentario ci rendiamo conto che il bisogno c’è sia tra le giovani che tra le meno giovani D. Le persone che hanno visto il documentario le pongono domande, tra queste c’è stato un riscontro che più l’ha emozionata, che più le ha fatto capire quanto sia importante il messaggio del suo video? R. Sì, direi che in assoluto due, il commento di due ragazzine. Uno è tra i primi commenti giunti che mi ha assolutamente commosso. Diceva “Mi chiamo Martina ed ho sedici anni, da tempo pensavo alle cose che lei dice, ma non avevo le parole per dirlo. La televisione è stata la mia balia, mia mamma mi ha dato questa balia, ora sono più consapevole ma mi sento orfana”. D. Decisamente una ragazza con grandi capacità di riflettere ed elaborare, non è un discorso comune R. No. E poi un altro sempre di una ragazzina. “Sono Letizia, ho sedici anni. Anch’io sono d’accordo, i modelli che impone la televisione non piacciono neanche a me. Scusi signora Zanardo, mi dice dove trovo gli altri modelli?” Questa ragazzina ha messo il dito su un tema pazzesco D. E ci dice molto sul fatto che non sappiamo dare modelli R. Sì, non diamo modelli quindi lei con la sua ingenuità ci ha fatto veramente riflettere D. Ciò fa intuire perché molti giovani siano così privi di orizzonti. Le faccio l’ultima domanda. Secondo lei ai maschi piacciono davvero i modelli femminili mostrati dai media? R. Nei dibattiti viene fuori una cosa abbastanza chiara specialmente tra i giovani. Tutti sono onesti e dicono che le ragazze sono bellissime, e lo penso anch’io, però viene anche fuori che i ragazzi giovani sono stufi di essere rappresentati come dei deficienti. Ci diceva Filippo di diciassette anni in una scuola “A me queste ragazze piacciono, ma se uno da un paese estero dovesse venire in Italia, guardando le immagini che passano, si farebbe un’idea che gli italiani sono tutti degli allupati e non fanno altro che pensare a questo. A me piacciono ma ho anche altro a cui pensare nella mia vita”. Ritengo che questo sintetizzi bene il pensiero di molti ragazzi. La televisione dà un’idea anche del maschile terrificante, noi ne usciamo umiliate ma gli uomini ne escono male. Se pensiamo alla figura adulta del maschile, tipicamente le due figure più adulte sono Greggio e Iachetti, sono due sessantenni sempre allupati con delle bambine che potrebbero essere le loro nipoti, neanche figlie perché loro ne hanno sessanta e le Veline diciotto, con cui fanno continui versi come dei ragazzini. Quindi la figura dell’uomo maturo, del papà, ne esce a pezzi da questa rappresentazione. Se io fossi un signore di cinquanta/sessant’anni sarei seccatissimo, di come un uomo maturo non si potesse porre come figura di riferimento per le nuove generazioni D. Se poi a questo che lei sta dicendo uniamo il calcio come unica ideologia, è un connubio deleterio… R. Ne viene fuori un’unione brutta, per cui i ragazzini maschi dovrebbero sentirsi in competizione con i loro nonni nel cacciare la ragazzina di diciotto anni. Ciò è molto brutto anche per gli uomini. Maria Giovanna Farina |
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