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Tracce nell'anima


Della maggior parte di loro non sappiamo più nulla e di molti non conserviamo nemmeno un’ombra del loro volto nei nostri ricordi, ma in qualche modo non riusciamo a dimenticarle. Sono quelle persone che hanno toccato la parte più intima di noi, sono straordinari incontri che hanno saputo catturare la mente, il cuore e l’anima: non possiamo e non vogliamo dimenticare.


A volte questi incontri sono brevi momenti di contatto, si sono scambiate poche parole, pochi gesti hanno accompagnato la nostra e altrui conversazione eppure ci hanno catturati. Non associamo subito e soltanto questo discorso agli amori a prima vista che ci son capitati e forse ci accadranno ancora, anche perché queste sono circostanze non sempre fortunate: Eros lancia i suoi dardi e noi non possiamo schivarli anche se l’incontro non è adatto o poco conforme alle nostre aspettative del momento. L’amore a volte non è cosa buona e molti lo avranno sperimentato, basti pensare alla frase: ”Ti ho incontrato nel momento sbagliato” che risuona angosciosa da molte labbra rammaricate. No, non sto parlando di amore tra coppie di innamorati, ma di amore per tutti quegli umani che con il loro esistere più o meno lungo accanto a noi hanno lasciato una traccia indelebile. Partendo dalle amicizie che Freud definiva come amori inibiti nella meta, vale a dire profondo affetto per una persona senza che si giunga mai ad un’unione dei corpi, torniamo indietro di qualche secolo verso l’Amicizia di Cicerone che egli vede costituita da un concentrato di regole alla cui vetta troneggia la norma per antonomasia: l’amicizia è dare senza chiedere nulla in cambio. Qualcosa di simile è accaduto con chi ci ha lasciato un’impronta nell’anima, spesso non abbiamo neppure avuto il tempo di dare qualcosa in cambio, altre volte non ce lo hanno chiesto, altre ancora non lo abbiamo neppure pensato. Poi nell’intimità il ricordo affiora e a volte avvertiamo quel senso di riconoscenza: “Devo fare qualcosa…”, se ciò è ancora possibile basta una telefonata, un appuntamento….Ma quando la persona ci ha lasciati definitivamente nulla è più possibile e allora il senso di impotenza, accompagnato dall’amara consapevolezza che le nostre parole rimarranno eternamente nel non detto, ci assale. Non sappiamo cosa fare, siamo fermi nella condizione di chi non può che arrendersi, ma non è facile accettare la resa quando un incontro ha lasciato un segno vivificante. Non ci resta che ricorrere alla scrittura che con il suo valore terapeutico cura l’impotenza trasformandola in potenza delle parole. Un anno fa moriva a mia insaputa Corrado Mangione, per tanti anni è stato professore ordinario della cattedra di Logica all’Università Statale di Milano, anch'io ho seguito le sue lezioni e sono rimasta colpita e rapita da un modo di spiegare e condurre l'insegnamento della materia come pochi sanno fare. Il caso ha voluto che il prof. Mangione qualche hanno dopo fosse il Presidente della mia commissione di laurea: io con una tesi di laurea filosofica e un po' psicoanalitica, di certo non logica, mi sono trovata con timore di fronte a lui pensierosa che forse non mi avrebbe seguita con interesse... Mi ha ascoltata con grande attenzione, con un senso di rispetto profondo per il mio lavoro come mai nessuno forse lo aveva fatto fino ad allora. Sempre con lo stesso stile mi ha dato l’investitura ed io mi sono emozionata. Ho pensato spesso di dirgli queste parole ma non lo ho mai fatto, per questo ora sto scrivendo nel tentativo di commemorare un breve incontro che ha lasciato una traccia.


 Maria Giovanna Farina (2010)



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