CHI SIAMO

INDICE/ARCHIVIO

REDAZIONE

CONTATTI




La poesia a scuola e fuori dalla scuola



Sono molti ormai a ritenere che la poesia sia un bisogno naturale dell’uomo. E sempre più linguisti e filologi sono del parere che ogni uomo sia fondamentalmente poeta, come è matematico.

Curiosa questa associazione tra ambiti disciplinari che da sempre la scuola separa nettamente nei due grandi blocchi: linguistico e logico-matematico.


Dunque, secondo questo modo di pensare, non sarebbe la scuola a “formare” i poeti e neppure i matematici. Depositate nella mente umana sono già presenti delle relazioni logiche fondamentali che, per dirla alla Bertrand Russel, sono alla base della matematica, dalla più semplice a quella più complessa e apparentemente accessibile a pochissimi.

Rassicurante per tutti noi docenti, sapere che, in fondo, l’insegnamento della matematica sviluppa e organizza delle intuizioni che sono già preesistenti e non insegna propriamente nulla; almeno nel senso in cui insegniamo la storia o la geografia.

Disarmante invece il sospetto che quando smaniamo per insegnare ai nostri allievi che 1 più 1 fa 2 o che 3 ripetuto 4 volte deve dare 12, facciamo ben poca matematica; se non addirittura riusciamo ad “uccidere”i nostri allievi un po’ come il professore raccontato nella “Cantatrice calva” di Ionesco.


Verosimilmente l’esperienza emozionale della poesia non la si può insegnare ma forse solo sentire, praticare, illustrare, vivere. E così, come ad un concerto non si va per sentire, ma per sentire di nuovo e spesso si ascolta tanto più volentieri quello che si è già sentito più volte; allo stesso modo capita che il “brivido poetico” non arrivi alla prima lettura della poesia o al primo ascolto di essa.

Sappiamo tutti che da sempre la scuola si assume il benemerito compito di far conoscere ai giovani la poesia, via via più “alta” man mano che si alzano gli ordini di scuola. Ma forse questo compito non è mai stato tanto arduo; poiché se è vero che gli insegnanti non devono partire da zero perché la sensibilità al “poetico”, la funzione poetica è preesistente; è pur vero che i nostri ragazzi la esercitano su altri oggetti, probabilmente più facili, più disponibili, più facilmente fruibili.


E dunque la domanda e la sfida che ogni insegnante si trova ad accettare ogni giorno rimane alta: anche una volta ammesso che esista una poesia fruibile fuori dalla scuola, quale poesia proporre a scuola? Come trattarla, che cosa farne? Come lavorare su di essa?

Silvana Bollati, docente di scuola primaria




Torna indietro

L'accento di Socrate