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Significativo credo è che, delle molte parole che ci scambiammo e che da lei ricevetti, ricordi soprattutto queste: forse potresti avere successo come filosofa ma finiresti in manicomio. La lontananza temporale fa sì che non sia certa siano state queste le esattissime parole, ma il senso inequivocabilmente era quello.
Ricordo che vissi come una specie di colpa quella sentenza così tassativa su di me.
Sta di fatto che per molto, troppo tempo mi interrogai su quelle parole (né venni a capo – peraltro - del vero problema per il quale ero entrata in quello studio la prima volta). Non mi soffermo su quel motivo, sarebbe troppo lungo; anche se molte volte ho pensato che quella vicenda, ed altre in seguito ad essa, in qualche modo legate avrebbero potuto (forse “dovuto”) essere oggetto di scrittura, di testimonianza.

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La filosofia: oggetto misterioso e un po’ noioso quanto criptico e lontano dalla vita, così - d’altra parte - ero abituata a considerare la materia. Ricordo che quando l’ insegnante delle scuole superiori parlava – elevandosi peraltro estatica nell’iperuranio… - di Cartesio o di Kant…, la mia distanza mentale e psicologica, direi la mia indifferenza e stupore erano immensi e non capivo perché avrei dovuto essere interessata alle idee di queste persone così originali, così distanti - mi pareva - dalla vita concreta. Certamente un mio limite quello, psicologico e intellettuale! Curiosamente ero attratta però dalle monadi di Leibniz e forse si spiega a posteriori col fatto che in tarda età mi scopro la passione per la fisica che esplora l’infinitamente piccolo.

Comunque sia, accostando mentalmente quel mio atteggiamento verso la filosofia alla sentenza ricevuta dalla psicoterapeuta non riuscivo assolutamente a vedermi nelle vesti di filosofa in quanto - io credo - ben diversa fiamma era quella bruciante del materiale di confidenze che io andavo raccontando in quello studio rispetto alla fredda natura - così perlomeno da me percepite - della filosofia e del filosofo, perché potessi sentirmi filosofa!


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È passata una vita prima che io abbia cominciato a vedere la filosofia come qualcosa di diverso dalle elucubrazioni di personaggi così ininfluenti – mi pareva – per la mia vita, né il percorso è completo, tuttavia le cose stanno cambiando, il fascino della disciplina del pensiero non è associato ad alcunché di pericoloso per la mente, perlomeno! Ma ora scherzo! Certo, comunque attualmente la filosofia mi pare sia proposta in modo diverso, più calata nella vita. Al giorno d’oggi ci sono filosofi -della Scienza, di altre branche del sapere- che dialogano con noi dai media, che catturano l’attenzione, l’interesse. Non dubito che aiutino la vita di molti di noi con le loro riflessioni sulla vita. Con loro, con il loro approccio verso chi legge o ascolta, con questa nuova tendenza culturale la filosofia scende dall’iperuranio e si fa più interessante, più accessibile, più umana che è poi quella la sua natura, di essere accanto all’uomo. Se poi, oltre ad essere fruito, l’atteggiamento filosofico diviene parte del proprio vissuto, allora io credo che ci si possa avvicinare alle gratificazioni della consapevolezza: del presente, del proprio io, del valore di ciò che è essenziale.

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La filosofia è oggi di moda, mi sembra di poterlo dire e mai moda mi sembra più utile si diffonda nel panorama sociale attuale dove una invasione di immagini e parole vuote, di messaggi ininfluenti, mistificanti, vaneggianti, distraesti, diffondenti incertezza e confusione dai media troppo spesso ci raggiunge!

Mi sembra ancora assurda quella frase-sentenza ricevuta nel lontano passato, sentenza che aveva senza dubbio contribuito a rendermi ancora più ostica la materia filosofica, (intesa come materia in senso scolastico oltre che, in quel caso lontano, come materia di vita).

Sono grata per la esistenza di questa rivista.


Germana Pisa




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L'accento di Socrate