CHI SIAMO

INDICE/ARCHIVIO

REDAZIONE

CONTATTI




Cosa vuol dire curarsi con la filosofia?




Per rispondere a questa domanda, che mi son sentita rivolgere più volte anche pochi giorni fa durante i salotti filosofici, dobbiamo prima di tutto chiarire cos’è la filosofia. Come dice la parola stessa è amore per la sapienza-conoscenza che si raggiunge con la riflessione scrupolosa basata su ragione ed esperienza. In occidente, fin dalle sue origini (VI sec a. C.) la madre di tutte le scienze ha ri-cercato risposte a quesiti come: da dove veniamo? come siamo arrivati su questa terra?

È con Socrate che la filosofia volge il suo sguardo all’interiore, all’anima (psychè, il soffio vitale) per cercare un modello utile a condurre un’esistenza sempre più consona alla natura umana fatta di difficili lotte per far sopravvivere il giusto, il buono, il bello, l’etica, la buona convivenza...e tutti i grandi temi che ancora oggi animano le nostre discussioni. Sono soprattutto le paure, come quella della morte, e gli stereotipi a rendere difficile la nostra vita quotidiana fino a condurci, talvolta, alla malattia: “Poi le malattie quando ci piombano addosso impediscono la ricerca dell’essere” scrive Platone nel dialogo Fedone. Ecco che la cura filosofica si inserisce in questa incapacità di ricercare l’essere che possiamo considerare come incapacità di comprendere noi stessi, quel noi stessi che a volte ci è sconosciuto, ingabbiato da idee preconfezionate che come delle etichette indelebili mostrano a noi stessi e agli altri ciò che non siamo. Se si trattasse soltanto dell’opinione altrui, poco importerebbe, ma si tratta dell'opinione che abbiamo di noi stessi quella da cui dobbiamo partire ad indagare: Platone definisce l’opinione (doxa) qualcosa di inattendibile contrapponendola alla scienza (episteme).

Da filosofi, dobbiamo seguire la scienza come contrapposizione ai luoghi comuni: lei sola può farci ritrovare la strada verso quel noi stessi smarrito. In questa considerazione abbiamo risposto anche a chi si domanda: va bene interrogarsi, ma chi mi garantisce che ciò che mi chiedo e ciò che mi rispondo sia la cosa giusta? Chi mi garantisce che non sto percorrendo la strada sbagliata? La risposta è proprio quell’approccio scientifico e fenomenologico, nel senso di libero da condizionamenti personali dovuti al proprio vissuto, che il filosofo/consulente usa per far condurre alla ricerca di sé, tenendo sempre presente l’insegnamento socratico basato sull’ars maieutica, quella tipica arte della levatrice che fa nascere i bambini. Nel Teeteto Socrate, egli stesso figlio di una levatrice e di conseguenza di una madre che sa anche far nascere, afferma che “Quelli poi che si trovano insieme a me provano la stessa condizione delle donne che devono partorire, hanno le doglie””. Si tratta di un parto della mente che ben spiega come le idee personali siano difficili da partorire essendo troppo spesso nascoste e imprigionate dai pregiudizi, quei giudizi sulle cose della vita nati prima che noi potessimo crearcene autonomamente. Socrate ci avverte che il parto è difficile, “Questa mia arte è in grado di risvegliare ma anche di placare questo dolore”, ma ci dà la speranza della riuscita in quanto dopo il parto la sofferenza si placa.


Venendo ai nostri tempi curare con la filosofia significa fare lo stesso lavoro di Socrate: aiutare nel far dare alla luce ciò che è dentro di noi per eliminare i malesseri e le malattie dell’anima compressa e depressa dall’insostenibilità di una vita troppo spesso in-autentica. Affermare che tutto è già dentro di noi non significa proclamare fiducia nell’innatismo, l’essere umano è così come è sia per natura che per cultura, l’homo natura si plasma dall’interazione con l’ambiente e diviene homo cultura, ma dentro di ognuno c’è la possibilità di essere, pensare, vivere creandosi idee personali. Dentro c’è anche la forza di lottare per affermare il proprio essere, costi quel che costi.

Credo sia questo il lavoro del filosofo contemporaneo, la sua cura è risvegliare la capacità di partorire idee personali e non contaminate da quelle altrui. Il suo compito è far ri-trovare un certo grado di saggezza. Un esempio molto semplice viene da una credenza popolare che spiega come medicare le scottature: un tempo si diceva che quando ti scotti devi mettere un unguento, ma guai a bagnare la parte ferita. Nulla di più errato! Sappiamo che se non si raffredda subito la scottatura, il processo continua con conseguente fuoriuscita di una vescica lunga da guarire. Ma quante persone hanno proseguito nel dare ascolto allo stereotipo appreso senza messa in discussione ed hanno curato in modo sbagliato la bruciatura?

Questo banale comportamento esemplifica come ci si possa fare condizionare l’esistenza. Il filosofo che cura, cura quindi il disagio esistenziale servendosi della millenaria tecnica di chi ha fatto dell’interrogazione e della ricerca di continue risposte la propria missione di vita.


Maria Giovanna Farina





Torna indietro

L'accento di Socrate