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Il nostro dirimpettaio è abituato a lasciare l’ombrello grondante fuori dalla porta, a volte si spinge a lasciarvi pure le scarpe per preservare il suo pavimento dalle impronte, quello del piano di sopra scrolla la tovaglia e il nostro balcone si riempie di briciole, stuzzicadenti e tovaglioli di carta…..La cosa ci innervosisce parecchio. Ma nulla come il ticchettio dei tacchi alle sei del mattino o all’una di notte sa provocare il nostro furore. Spesso da piccoli episodi di maleducazione quotidiana nascono grandi litigi a volte pronti a degenerare in zuffe e ad incontri di lotta a corpo a corpo. Il pericolo è in agguato: potrebbe scapparci il morto… Come evitare che la maleducazione e l’incapacità di convivere civilmente di molte persone possa turbare, fino a sconvolgere, la nostra esistenza? Possiamo rivolgerci, per uno spunto davvero straordinario, alla lettura di Herman Hesse che nel libro La cura ci fornisce un saggio di grande capacità filosofica quando racconta la sua esperienza. Hesse si trova a Baden per una cura termale e lì conosce un olandese, una conoscenza che avviene soprattutto attraverso i rumori molesti che questi produce nella camera accanto, tanto da impedire allo scrittore di scrivere e dormire. Ciò avviene durante tutto il tempo della permanenza, nella camera accanto, del vicino chiassoso.

Ecco la via d’uscita per non odiare da morire il vicino molesto:

Hesse racconta di aver pensato a lungo e con un processo di profonda riflessione e immedesimazione nell’altro (il vicino rumoroso) afferma di aver trovato la strada per non odiarlo più. Se riesci a trovare qualcosa da amare, in tutti o quasi c’è qualcosa, riesci a comprendere le sue esternazioni fastidiose: questo è in poche parole il suo messaggio.

Uscendo da questo racconto, non dobbiamo credere che capire gli altri significhi farsi sottomettere e prevaricare, giammai! Soltanto dobbiamo ricordare che una maggior immedesimazione può aiutare a non farsi avvelenare l’anima dalla maleducazione altrui e questo è ciò che più conta.

Concludo segnalando la lettura di La cura, Herman Hesse, ed Adephi per una riflessione sull’argomento e in modo particolare consiglio il capitolo L’olandese dove, dopo aver superato l’astio per il disturbatore, Hesse racconta di sentirne addirittura la mancanza. L’episodio può apparire paradossale, in realtà è la sapiente narrazione di un nevrotico che ha saputo superare, attraverso il pensiero e la scrittura, la propria complicata condizione.

 M.G.F.



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L'accento di Socrate