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L’invito a commentare i versi di Antonpen è stato raccolto da alcuni lettori, abbiamo scelto, nell’ordine, quelle di Maurizia Zucchetti e di Brunello ’62 che ha preferito mantenere l’anonimato. Interessante notare le sensazioni opposte suscitate da “Ricordi”, mentre per “Normalità” il giudizio è pressoché unanime.



Gentile Redazione, mi riallaccio alla proposta di intervento suggerita nel II numero della rivista e Vi scrivo alcune mie impressioni sulle poesie del sig. Antonpen

 La poesia “Ricordi” tratta un tema a me caro, leggendola ho la sensazione che i ricordi siano considerati con distacco e visti come derivazioni di un vissuto, ma a sé stanti, non parti integranti di esso. La sensazione che provo leggendo la poesia del sig. Antonpen è che i ricordi non siano belli, è come se volesse mantenere un certo distacco da essi, non sembra ci sia un coinvolgimento emotivo positivo.

 La poesia “Normalità” è proprio triste, confessa la fuga da una realtà sgradita, che porta a viverne una peggiore. Tremenda la sua realtà, definita “piattitudine”, tremenda quella che vive nel momentaneo oblio, ancor più tremendo il risveglio in cui si ritrova cosciente della sua arida esistenza. Se questa poesia racchiude una storia personale, trovo che l’esser riuscito ad esternare questi pensieri possa essere l’inizio di un cambiamento, o forse è proprio il prodotto di un cambiamento. (MAURIZIA ZUCCHETTI)





Spettabile Redazione, accolgo il vostro invito e vi trasmetto il mio pare sulle due poesie di Antopen.

L’attenta scelta dei vocaboli nella poesia “Ricordi” mi predispone a credere che l’autore sia molto legato ai propri ricordi e li ri-viva nella struggente consapevolezza, ricca di pathos, del loro non ritorno. I ricordi si prendono beffa di lui che impotente attende il minimo pretesto per riviverli.

 Anche in “Normalità” noto una scelta molto attenta dei vocaboli che a mio avviso rendono pienamente la drammatica situazione di chi lotta contro la dipendenza dell’alcol e trovo eccezionale quel “voli mucillaginosi” che descrive con due parole lo stato mentale di chi è consueta preda dei suoi effetti. Interessante l’ossimoro “gonfio e secco per la penuria” che altrettanto bene rappresenta la fisicità dell’alcolista. Il finale non lascia spazio a “ravvedimenti” poiché sta ri-tornando verso quella stessa piattitudine che l’aveva spinto al connubio con Dionisio. Se come credo, è una poesia riferita ad un alcolista, l’autore ha voluto drammatizzare il continuo tentativo di riabilitarsi tanto familiare ai mentori di Bacco.

 Se dovessi tracciare un profilo di Antonpen direi che si tratta di un uomo disincantato e provato dalle vicissitudini della vita, di buona cultura, che ha passato la cinquantina, dedito un tempo alla libera professione, senza più aspettative la cui principale attività ora, è sopravvivere! (Brunello ’62) 







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L'accento di Socrate