CHI SIAMO

INDICE/ARCHIVIO

REDAZIONE

CONTATTI




Psicoanalisi e filosofia: intervista a Luigi Zoja




Luigi Zoja, psicoanalista junghiano e autore di importanti saggi, è stato presidente del comitato etico di psicologia analitica e ha presieduto la International Association for Analytical Psychology. Opera tra Milano, Zurigo e New York e insegna presso il Carl Gustav Jung di Zurigo. Questo è un proficuo dialogo col famoso psicoanalista junghiano che è anche uno studioso dell'uomo e delle sue relazioni: gli abbiamo chiesto cosa pensa del padre contemporaneo, dei mass-media e di cosa trattano i suoi ultimi scritti.



Si dice che Jung in Italia sia ancora abbastanza sconosciuto ai più mentre Freud è molto più studiato anche in ambito universitario, è davvero così?

Jung in Italia si è affermato negli ultimi decenni; fino agli anni '80 quando prevaleva l'impegno politico c'era l'idea che fosse di destra per la storia dei precedenti che non aveva condannato sufficientemente il nazismo. In Italia poi è penetrato abbastanza presto, a Roma c'era il gruppo di analisti formato da Ernst Bernard. A Milano in seguito cominciarono a lavorare diversi analisti formatisi a Zurigo tra cui il sottoscritto. Poco alla volta il movimento entrò anche nelle altre città. Come cultura c'è un'espansione notevole negli ultimi decenni. Ora gli analisti sono almeno quattrocento-cinquecento uno dei numeri più alti al mondo, il movimento junghiano si sta affermando e soprattutto ci sono dei collegamenti trasversali con l'Antropologia e la Storia delle religioni che sono stati sempre più forti che nella psicologia di Freud. In Francia il movimento junghiano è arrivato da
poco, in Argentina sta esplodendo ora. L'Argentina è molto collegata alla Francia e in Francia come alternativa a Freud c'era Lacan ed è rimasta questa caratteristica: nonostante Jung fosse più vecchio di Lacan e più alternativo, perché Lacan è pur sempre un freudiano, è rimasto questo collegamento. Ma quello che Jung ha di interessante e penso anche per lei

La filosofia!
Sì, per chi viene dagli studi umanistici e non dalle scienze esatte è il primo che esce dal modello medico. Ricordo il primo corso che ho seguito a Zurigo da Jolande Jacobi, anche lei ebrea e discepola di Jung, che spiegava perché si chiama psicologia analitica. Mi sembrava che Jung avesse messo poca fantasia perché da psicoanalisi a psicologia analitica

E invece?
E invece no! Perché lui ha voluto enfatizzare il fatto che non si tratta di una cura e di un ramo della Medicina, ma di una psicologia generale. Abolisce il principio di cura e quindi il concetto di sanità-malattia prima ancora dell'anti-psichiatria degli anni '70, costringere cioè la persona nel corsetto artificiale della sanità e della normalità: Jung ci aveva già pensato negli anni '20.

Con le patologie psichiatriche è più difficile farlo mentre con i pazienti dello psicoanalista è possibile
Esattamente. Non bisogna affermare "Ah, io dottore di cosa soffro, devo guarire, no io faccio il mio percorso individuale"

Vorrei considerare il suo interessante saggio La morte del prossimo per chiederle se siamo davvero morti mentre viviamo? E in che senso?
Non so se siamo morti tutti però è morta l'empatia. Oggi si torna come voleva Freud un secolo fa alle scienze esatte, alle scienze neurologiche, perché ci sono stati grandi progressi nella neurofisiologia: oggi con l'elettronica si vede a livello infinitesimale cosa succede nel cervello per esempio quando ci avviciniamo ad una persona. Quello che muore è letteralmente la prossimità nel senso che ci si abitua a sostituire le presenze reali con presenze virtuali

Su questo argomento l'ho recentemente sentita intervenire in un talk-show
Sì, era a proposito della Tunisia.

Vorrei aggiungere una cosa che nel mio libretto La morte del prossimo (ed. Einaudi) non ho detto. Mio cognato che è austriaco, musicista e insegnante al Mozarteum, un filosofo della musica, dice che la tecnica si è così sviluppata da consentire di ascoltare in casa, con un apparecchio stereo e un CD, un Mozart ad un livello, assolutamente perfetto, mentre se vai in un auditorio anche ben fatto c'è qualche scricchiolio

Qualcuno che magari lascia cadere un oggetto…
Sì, appunto! Mio cognato dice che si possono misurare, stanno sperimentando a livello neurofisiologico le emozioni che genera l'auditorio, che sono superiori perché la musica, fin dai tempi di Omero, è qualcosa che richiede anche l'emozione data dall'essere insieme

Da condividere
Eh, sì. L'essere umano è un essere sociale da cui appunto trovo decisivo il concetto che Jung introduce di inconscio non solo personale, ma collettivo e che è la base su cui sviluppare la sociologia, l'antropologia. Comunque Freud della fase più tarda, senza dirlo, viene su questa idea quando in Totem e tabù parla del mito originario, il mito che come il sogno sognato collettivamente dice che c'è un inconscio collettivo

Mi capita di parlare di Freud e mi son sentita più volte dire che Freud è superato. Certo lo sarà se preso di per sé in certi punti, ma grazie a lui siamo arrivati ad oggi. Il cammino dell'evoluzione del pensiero lo vedo così, non c'è un superato: cento anni fa ad esempio non si conoscevano le caratteristiche del neurone oggi note. È d'accordo?
Assolutamente sì! Non solo sono d'accordo, ma se posso aggiungere

Aggiunga!
Una considerazione che mi capita di fare spesso. Come direbbe Jung, se gli dei mi daranno abbastanza tempo, bisognerebbe anche scrivere che il secolo XX è attraversato dalla Psicoanalisi così come lo è da dottrine politiche, dalla rivoluzione scientifica, la rivoluzione fascista e comunista e poi dall'affermarsi del neo-liberalismo. Sicuramente, scusi se è poco, la rivoluzione della Psicoanalisi non versa sangue e incide profondamente sull'immagine dell'uomo, la rivoluzione psicoanalitica per il fatto che ci sia una dimensione interiore incide su tutte le forme culturali. Se lei prende la letteratura da Omero fino al novecento resta descrizione esterna, lasciamo perdere che secondo me alle volte anche in Omero il personaggio di Ulisse è immortale perché ha una dimensione interiore

Però possiamo dire che sia confusa tra le righe questa cosa
Sì, non è tematizzata. Nel XX secolo la letteratura che fa epoca sono Joyce in Inghilterra, Kafka o Thomas Mann in Germania, Proust in Francia dove in tutti la dimensione interiore è predominante. Questo vale anche per le arti figurative: la pittura cessa di essere la rappresentazione di qualcosa di esterno per diventare rappresentativa della condizione interiore dell'artista. Sicuramente è completamente sbagliato dire "È  superato Freud". A livello di professione ciò che mi colpisce e mi addolora, ormai più che a vedere pazienti dedico il tempo ad altre cose come lo scrivere o partecipare a dibattiti, è il fatto che si è tornati, sia il pubblico che ci segue sia la giovane generazione di analisti, forse anche sotto la spinta della crisi economica, come a fine ottocento a considerare la Psicoanalisi una specializzazione della Psichiatria che a sua volta è una specializzazione della Medicina che a loro volta sono tutte tecniche per aiutare un cliente che si chiama paziente a star meglio nel minor tempo possibile. Il problema esistenziale, quello che Jung chiama l'individuazione, è fondamentale perché è quello che sostituisce il modello medico. Ciò conduce al tecnicismo, io vado dal tecnico che mi aggiusta.

Quindi l'uomo macchina
Questo è sbagliato, è anti-umanistico. In questo senso passa più differenza tra un certo modo di vedere la Psicoanalisi ed un altro, tra la Psicoanalisi e tutto il resto del sapere, perché quello che dicevo, che ha fatto anche Freud, è una revisione della condizione dell'uomo. Pensiamo al carteggio pubblico che Freud fece con Einstein sul male se è insito in sé e nella civiltà, se l'uomo ha bisogno di fare la guerra. Il XXI secolo rischia di creare un'involuzione

C'è un involuzione culturale generale
Sì, poi in Italia è ancora più forte

Trovo davvero interessante la sua considerazione sul ruolo del padre. (Il gesto di Ettore, ed. B. Boringhieri) Chi è oggi il padre?

Il padre, oggi, è un essere umano che vive e mette in atto qualcosa di archetipico, come  direbbe Jung, un potenziale che c'è già e che, sia i figli, la società e il padre stesso vorrebbero attualizzare, ma per problemi storici di cui il genere maschile è responsabile per gli eccessi del patriarcato non si realizza. Il valore del padre nei secoli si è assottigliato: si è buttato via il bambino con l'acqua sporca

Ciò si è esagerato nel ridimensionamento?
Certo, ciò non vuol dire che non abbia senso avere due genitori, uno femminile ed uno maschile che ti proteggono con modalità che sono antichissime. Poi giustamente la democratizzazione ha abolito gli eccessi di differenza, però sappiamo che le cose quando vengono dai millenni non è che cambino nei decenni. La critica eccessiva ha troppo ridimensionato la  sua funzione che in termini di funzioni psicologiche è quella secondaria: il padre non ti dà la soddisfazione dei bisogni, anzi crea i limiti ai tuoi bisogni, ma come terzo e quindi è un po' rompiscatole. È il terzo incomodo nella relazione con la madre. Come dicono i freudiani, avviene quando vuole iniziare ad andar a letto con la madre che di per sé non è cosa criticabile, ma  deve metter da parte il bambino. Poi ci sono i fratelli, i vicini, la società e il padre non soddisfa i bisogni, ma ti insegna a porre dei limiti

Questo è giusto nell'educazione di ogni ragazzo anche perché contrariamente verrebbe meno la sicurezza di sé
Sì, viene meno la sicurezza e vengono meno i contenitori di riferimento

Esiste il padre ideale?
Il padre ideale da qualche parte sarà esistito, la famiglia è sempre esistita e solo di recente si è sfaldata. La famiglia tradizionale aveva una funzione quando non era troppo prepotente e insegnava. Io ho usato Ettore come modello perché fin dagli albori della nostra letteratura nel canto VI dell'Iliade dice "Fa' che questo figlio sia più forte del padre", quindi è proprio il contrario del concetto freudiano edipico castratore "Io non voglio che mio figlio maschio mi superi"

Ciò risente dell'esperienza personale di Freud, porta se stesso e la sua educazione nelle proprie considerazioni
Esattamente, di questo parlo. Il padre buono dice "Sì, mezz'ora di cartone animato, ma guarda che alla fine dell'anno sarai contento di te stesso, non te lo dico per castrarti, ma te lo dico perché ti insegno l'economia psichica". Bisogna risparmiare le energie per investirle bene e avere delle soddisfazioni

Qui nasce il padre che non solo instrada ma anche dialoga, questo è ciò che mancava
Esattamente, è ciò che chiamo funzione secondaria molto più complessa del semplice proteggere e soddisfare il bambino che è poi la funzione materna. Pensiamo alle madri divorziate o single che devono fare la doppia funzione, che devono fare da madre e da padre: le due funzioni ci vogliono

Siamo uomini immersi nelle relazioni, l'informatizzazione ha generato un peggioramento dei nostri incontri con l'altro: a suo avviso cosa si può fare per recuperare questa che io vedo come una deriva solipsistica? E cosa dovrebbero fare i genitori?
Una cosa molto semplice che è porre dei limiti, non deve esistere una sola cosa, che sia il computer o la televisione, o l'iPod. Vedo ad esempio alla mattina i papà che accompagnano a scuola i figli, questo magari è l'unico momento di condivisione, sia il papà che il figlio hanno l'auricolare: il figlio per ascoltare la musica, il padre per fare telefonate di lavoro. No, in quel momento sgombratevi le orecchie! Addirittura vedo i figli che si siedono dietro quando il papà li porta a scuola

Se i media vengono usati con esagerazione creano isolamento
Non si può dire il contrario anche se non si può fare a meno del cellulare, ma ad esempio sui treni svizzeri c'è la vettura dove si tiene acceso e quella dove si tiene silenziato: io scelgo il silenziato. Personalmente ho insegnato ai miei figli che quando suona il cellulare ci si alza e si va in fondo allo scompartimento

Per lei l'altro è un fine o un mezzo?
Come dico nel mio ultimo libretto dovrebbe essere un fine. Forse dobbiamo recuperare dei grandi classici come Kant, lui è astratto ma le grandi formule sono molto semplici. È sbagliato dire che bisognerebbe fare studi più tecnici, secondo me anche la persona più semplice dovrebbe conoscere Kant

Com'è nell'ottica di questa rivista! Nel suo libro Al di là delle intenzioni (ed. B. Boringhieri, 2011) prende vita un'etica non più punitiva, in che senso?

Non è che si vuole abolire l'etica, ma ci deve essere la punizione e anche il tentativo di comprensione. Ciò emerge nelle conferenze sull'etica della nostra professione che sono molto delicate perché  trattano anche il senso della nostra professione. Come si diceva nel primo colloquio tra Freud e Jung, il transfert è la chiave del perché uno si identifica nell'analista e perché poi esiste anche il transfert dell'analista detto controtransfert

Perché?
Probabilmente perché esiste un'esigenza archetipica espressa anche da Kant nella formula L'altro deve essere un fine. Se uno fa un lavoro analitico approfondito si accorge che non sta più usando la relazione con l'analista per arrivare il più in fretta possibile a sciogliere i nodi e stare meglio, ma la relazione, e quindi l'altro, è diventato un valore in sé, una parte fondante della propria vita. Questo va capito e accettato

C'è un suo libro in uscita, Paranoia (ed. B. Boringhieri). Di che cosa si tratta?
Parlo della paranoia nella storia e ne parlo identificandomi in Jung e nell'anti-psichiatria ante litteram da lui già introdotta, però è chiaro, come ricordava anche lei, ci sono delle patologie più gravi e fra le forme gravi ciò che colpisce è che l'unica patologia che fa la storia è la paranoia, mentre per altre come l'anoressia e la bulimia nate dalla competizione per essere belle, anche se sono devastanti restano patologie individuali che rovinano la persona e l'ambito famigliare ma non la società. Esiste invece una connessione tra potere carismatico politico, filosofico e paranoia: a volte tanto più sei paranoico tanto più riesci ad avere successo

Anche perché nella paranoia l'intelligenza rimane lucida
Esattamente, questo è il sottotitolo che mi proponevano, la folie lucide (la lucida follia) e l'esempio più clamoroso è quello di  Hitler che trova negli ebrei il capro espiatorio in una Germania in crisi e devastata dall'inflazione. La paranoia funziona di più nella modernità perché  è in sincrono con i mass-media, essi, come la paranoia, si basano sulla semplificazione del messaggio, sul trovare un responsabile. Anche se il media cerca di essere di buona qualità aiuta la paranoia. Sudhir Kakar è uno psicoanalista indiano affermato, eravamo ad un congresso insieme e si è parlato dei progrom che avvengono in India dai tempi dell'indipendenza, quasi sempre contro la minoranza mussulmana che è una minoranza per modo di dire di 130 milioni di persone. Ogni anno ci sono delle fasi quasi stagionali di lotta che nascono da leggende come "Un mercante mussulmano ha trattato male una mucca (che per gli Indù è sacra)", iniziano come una leggenda e quando non c'era la televisione rimaneva tutto più circoscritto e anche se arrivava in un altro luogo lo faceva più lentamente e la polizia poteva prepararsi. Ora con la televisione lo sanno tutti istantaneamente e anche se quella di stato manda messaggi che cercano di stemperare dicendo che sono intervenuti subito in difesa della minoranza, scoppia lo stesso perché il messaggio è la violenza. C'è un contagio psichico ed è quello che studio nella paranoia, che è un fenomeno storico, spesso il leader più paranoico ha avuto più successo e poi la paranoia è contagiosa, è collettiva. Purtroppo le persone semplici sono anche quelle che ascoltano troppa televisione e si fanno contagiare.
Maria Giovanna Farina



Se vuoi commentare lo scritto blog.libero.it/accentodisocrate/


Condividi i tuoi commenti con noi

GRUPPO DI DISCUSSIONE SU FACEBOOK: CLICCA L'ACCENTO DI SOCRATE




Torna indietro

L'accento di Socrate