"Transizioni. Filosofia e cambiamento" Una presentazione del volume collettaneo
Esce nei primi mesi del 2017 un nuovo volume della collana “pratica filosofica” presso l’editore KKIEN Publishing International, intitolato Transizioni. Filosofia e cambiamento. Come altri volumi della stessa collana, anche questo è un ebook con l’opzione del print on demand, ma a differenza di tutti gli altri sinora pubblicati, è un volume collettaneo, che avrò il piacere di curare, a cui prenderanno parte sia alcuni dei membri del comitato scientifico della collana stessa (me compreso, prendendovi parte dunque sia come curatore che come coautore), che alcuni altri studiosi. Le linee guida in base alle quali il volume è stato pensato, sono essenzialmente due. La prima, come già il titolo rivela, è il leit motiv del mutamento, che verrà trattato, come se si rifrangesse in una sorta di prisma, da molteplici punti di vista. Questo tema, da un lato, è sempre implicato in qualsiasi riflessione filosofica, essendo niente di più e niente di meno che la questione del divenire, dall’altro, si pone come di particolare attualità oggi, dove è sempre più netta la sensazione di vivere in un’epoca di transizione. La seconda, la (relativamente) giovane età degli studiosi coinvolti. Questo volume infatti (anche sfruttando la sua natura di ebook che più si addice ad un pubblico che abbia dimestichezza con gli strumenti informatici ma, lo ricordo, disponendo anche della possibilità di richiederne il cartaceo) vuole essere una sorta di vetrina per studiosi, anzi, direi, pensatori, giovani e già in grado di offrire riflessioni di livello. In questa breve presentazione, mi limiterò a segnalare (in ordine alfabetico) gli autori coinvolti e il tema particolare che ciascuno ha scelto di affrontare. Vi è uno stato gnoseologico interrelato tra filosofia ed arte? Qual è la dialettica della transizione, in entrambi i sensi di percorrenza, tra il kitsch e l’opera d’arte? Come quest’ultima declina all’accrescimento del valore di esposizione? È possibile opporre una resistenza a tale declino? A questi interrogativi offre una possibile risposta Luca Baldassarre, sulla scorta del pensiero di Adorno. Paolo Beretta segue le orme di Heidegger quanto alla descrizione della situazione che segna in maniera evidente la cultura della nostra epoca, in stretta connessione con la sua riflessione sulla tecnica. Una situazione di transizione verso la fine della filosofia. Che cosa vide il pensatore di Meßkirch nel tramonto della filosofia? Qual è, al di là del suo specifico pensiero, il senso di una tale visione per noi? È ancora possibile la prassi filosofica, nel senso di un esercizio che non si riduca a un mero storiografismo affetto da intellettualismo, a una analisi di problemi da risolvere con il calcolo logistico o a ridurre il compito filosofico al commento delle discipline della scienza naturale, come ad esempio le neuroscienze? Un nuovo possibile esercizio della filosofia deve quindi porsi in un rapporto ulteriore rispetto alle scienze e ai loro saperi tecnici (politici proprio in quanto tali): più che a un confronto interdisciplinare, tale rapporto deve essere un’apertura transdiscipinare, nel tentativo di comprensione reciproca della comune radice che ha dato luogo all’albero del sapere, nella direzione di una formazione di nuovi abiti di risposta e quindi di nuovi soggetti pratici. Moira De Iaco propone una possibile dialettica della transizione tra mutazione linguistica e mutazione sociale, partendo dall'assunto che gli usi linguistici riflettono uno stato storico-sociale e che dunque i mutamenti linguistici riflettono i mutamenti sociali. Per far questo verranno presi in considerazione alcuni paradigmi della filosofia gramsciana e wittgensteiniana nonché la prospettiva della new-speech orwelliana come lente critica. In transizione, afferma Valeria Ferraretto, è la società e l’individuo che la abita. Il tipo di transizione a cui oggi assistiamo, e che viene in questo contributo descritta attraverso le lenti del pensiero di Horkheimer ed Adorno, invece di aver portato all'uguaglianza tra tutti, ha portato alla standardizzazione di tutti. È questo l’esito, tanto sociale quanto individuale, a cui dobbiamo rassegnarci, o è ancora possibile immaginare e praticare un movimento, una transizione, verso qualcosa di altro? Una delle transizioni fondamentali arrivata a piena realizzazione nel corso del XX secolo è quella del travaso della conoscenza e della metodologia scientifica in tutti gli altri ambiti della vita, sino ad aprire la questione del prodursi di una vera e propria forma di ideologia. Uno degli autori che più approfonditamente hanno indagato tale questione è Habermas, richiamando il quale Francesco Giacomantonio affronta nel suo contributo il problema della tecnica e della scienza come ideologia. Le transizioni che attraversa e che attraversano la società vengono spesso intercettate da una forma espressiva che troppo di frequente è sottovalutata in tal senso: il romanzo. L’alta letteratura infatti restituisce la sensibilità particolare che matura nella vita sociale della comunità in cui essa viene scritta. Stefano Scrima dedica il suo contributo a questa via di riflessione, concentrandosi in particolar modo sul romanzo francese del Novecento, ed estendendo poi lo sguardo sul rapporto che intercorre fra letteratura e filosofia. Le transizioni che caratterizzano la società e l’individuo moderno sono state ampiamente e variamente analizzate da molti autori contemporanei. Tra queste descrizioni, appaiono di particolare interesse, nonché fra di loro collegate, quella marcusiana dell’uomo, e della società, a “una dimensione” e quella pasoliniana della “mutazione antropologica”. A partire da qui, nel mio contributo cercherò non solo di mostrare l’inquietante attualità di queste prospettive, ma anche di prendere in considerazione se e quali vie di fuga sembrano essere ancora percorribili. Ancora riprendendo una suggestione heideggeriana, dal suo ricco pensiero lasciatoci in eredità rispetto al quale, come sempre quando si ha a che fare con un pensiero, ancor più importante di una sua fedele ricostruzione è quel che ne faremo, Marco Viscomi si propone di osservare le implicazioni della filosofia della storia heideggeriana che “da Platone a Nietzsche”, posiziona nel Nulla la cifra di quella transizione fondamentale che per il pensatore tedesco è il processo storico degli eventi dell’essere. Insomma, se la vita è (in) divenire, transizione appunto, la filosofia non può che occuparsi, in molteplici modalità, di questo movimento. O, forse, la filosofia non solo si occupa di ma è questa dinamica di transizione, rispetto alla quale quindi sembra piuttosto ingenuo voler identificare il movimento corretto da quello sbagliato, anziché chiedere al pensiero di rendere per quanto possibile esplicito l’attraversamento che avviene in ciascuno di noi e che ciascuno di noi è, e che quindi, per quanto possa sembrare una posizione granitica, assoluta, universale, necessaria e univoca è sempre nient’altro che una transizione.
Federico Sollazzo - coautore e curatore del volume (gennaio 2017)
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