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Federico Sollazzo è Dottore di Ricerca in "Filosofia e Teoria delle Scienze Umane", Università degli Studi Roma Tre - curatore di "CriticaMente”




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L'individualismo nelle teorie liberali



Di fronte alla questione delle catastrofi sociali prodottesi a causa della pretesa del potere politico di realizzare definitivamente la giustizia, di fare, quindi, dello Stato il soggetto particolare di un presunto ordine universale, l’incarnazione di un ché di assoluto e, conseguentemente, di non discutibile, vi sono autori che reagiscono ipotizzando una determinata impostazione sociale, politica ed etica, che possa essere esente da una simile problematica, e vi sono autori che vedono in una qualsiasi eventuale organizzazione del potere statale una forma di limitazione della libertà individuale e che, pertanto, immaginano una impostazione sociale in cui il potere politico sia ridotto al minimo indispensabile. E’ questo, in prima approssimazione, il punto di vista dei pensatori liberali, fra i quali si pone la recente teoria nozickiana dello “Stato minimo”, proponente la tesi di un interventismo statale ridotto allo stretto indispensabile, nella regolamentazione dei rapporti interpersonali. Con una simile argomentazione, Robert Nozick, da un lato opera una critica della teoria della giustizia di John Rawls, e dall’altro si pone nel solco del liberalismo e dell’individualismo radicale di Friedrich August von Hayek.
Rawls viene difatti da Nozick criticato in quanto, la sua teoria della giustizia, legittimando un’onerosa tassazione finalizzata ad aiutare i ceti più svantaggiati, sottrae agli individui più abili e più capaci una parte del frutto del loro lavoro, violando così la loro libertà. Infatti, assorbendo gli insegnamenti lockiani, Nozick ritiene che ogni individuo sia padrone di se stesso, del proprio lavoro e dei frutti che ne ricava, pertanto, una tassazione redistributiva origina una sorta di schiavitù poiché costringe l’individuo a lavorare non per se stesso ma per gli altri:

Nozick, nella sua polemica contro lo Stato distributivo, non usa mezzi termini: «La tassazione dei guadagni di lavoro è sullo stesso piano del lavoro forzato», la giustizia distributiva realizza solo ingiustizia, perché serve a premiare soltanto l’«invidia» di coloro che sperano di vivere di rendita alle spalle degli altri(1)

Ecco perché, in luogo della teoria rawlsiana della giustizia, Nozick propone la “teoria del titolo valido”(2), per la quale il diritto alla proprietà privata, se è posseduta a giusto titolo, non può subire nessuna limitazione:

1. La persona che acquisisce una proprietà secondo il principio di giustizia nell’acquisizione (Una ricchezza è giusta se la sua acquisizione originale fu giusta e pure giusto è stato ogni passaggio successivo da persona a persona; o se ogni precedente ingiustizia è stata sanata) ha diritto a quella proprietà.
2. La persona che acquisisce una proprietà secondo il principio di giustizia nel trasferimento, da qualcun altro avente diritto a quella proprietà, ha diritto a quella proprietà.
3. Nessuno ha diritto a una proprietà se non con applicazioni (ripetute) di 1 e 2
(In conclusione) Il principio completo di giustizia distributiva direbbe semplicemente che una distribuzione è giusta se ciascuno ha diritto a possedere le proprietà che possiede con quella distribuzione(3)

di Federico Sollazzzo continua su:

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