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Gli scarabocchi non sono arte




E’ sgradevole aggirarsi per una città e vedere tanti sgorbi sui muri delle case. Più li ripuliscono e più diventano invitanti lavagne per “astrattismi” o scarabocchi a seconda dei punti di vista.

I ragazzi devono esprimersi”, sentenziano i difensori del pasticcio libero dimenticando la violazione della proprietà privata e la differenza tra disegni e ghirigori. Che ci sia una forma d’arte in certi murales non c’è dubbio, ma anche in questo caso l’arte deve fare i conti con la regole sociali.

Mentre i prodotti artistici hanno trovato il loro spazio autorizzato e riconosciuto dalle amministrazioni pubbliche, gli scarabocchi si impongono e si tramutano in vere e proprie firme in codice, una sorta di animalesca marcatura del territorio.



Passeggiando per Milano si possono ammirare i muri delle case ripuliti e ritornati all’antico splendore, ma l’ordine dura poco: nottetempo le solite firme invadono spazi, uguali e diversi, sulle facciate delle case. Come gli animali della foresta usano l’usta e l’urina per delimitare il territorio, così alcuni umani affermano la loro presenza lasciando scritte. Non è sufficiente il nome sulla targhetta del citofono? No, per alcuni adolescenti alla ri-cerca di un’identità la propria sigla diventa una muta e trasgressiva richiesta di attenzione. Si rivela dunque inutile indicare uno spazio circoscritto per poter dare libero sfogo alla presunta creazione artistica, gli imbrattatori non sono artisti di murales, ma ragazzi che faticano a crescere. Gli artisti di strada non deturpano, creano opere da ammirare come un tempo facevano i madonnari.




Sporcare invece diventa una supplica silenziosa e una richiesta di riconoscimento: “Esisto! Accorgiti di me! Cercami!”. Questa pratica è un atto che inconsapevolmente li ri-conduce al vasino pieno di “prodotti preziosi” sottovalutato senza volere, nel suo valore di dono, dalla mamma. Scarabocchiare sui muri diventa un eterno ritorno della stessa cosa, uno sporcare per il bisogno/desiderio di essere gratificati. Questi ragazzi sono comunque destinati alla frustrazione perché pasticciare dove altri ripuliscono è come farsi svuotare continuamente il vasino senza poter appagare il bisogno di guardare, giocare e godere del proprio “prodotto”. Sigmund Freud nei Tre saggi sulla teoria sessuale argomenta proprio sull'importanza della funzione escretoria come uno dei primi modi del bambino di comunicare col mondo esterno.


Gli adulti non possono arginare il problema con la punizione perché “gli artisti” si aspettano ammirazione, quella ammirazione che gli mancò. Che fare? Non si può prenderli per mano ed accompagnarli nel luogo del dono bistrattato dell’infanzia e neppure incensare i loro scarabocchi, sarebbe come fissarli in una permanente immaturità.


Forse applicando la legge del contrappasso e andando ad imbrattare i loro oggetti di “culto” (l’i-pod, le scarpe preferite, il motorino) si potrebbe ottenere un risultato: nulla è più efficace del provare sulla propria pelle il peso della prevaricazione, però, al di là dell’applicazione di questa discutibile legge veterotestamentaria dell’occhio per occhio, per trasformare i pasticcioni in aspiranti artisti diventa fondamentale intervenire con una sinergia educativa sia della famiglia che della scuola. Iniziando con un sempre efficace modello comportamentale come buttare le cartacce nei cestini, la pattumiera negli appositi bidoni e non nei luoghi più improponibili, si fornisce un esempio di come rispettando semplici regole si possa anche provare piacere nello sporcare “il luogo più appropriato”. In conclusione, questo trattamento si rivela l’obiettivo finale di una ri-educazione al rispetto del territorio dell’Altro.



Maria Giovanna Farina




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