Il leone e l’agnello L’arte tra identità e inclusione
“ E il leone e l’agnello riposeranno insieme e ogni uomo potrà sedersi all’ombra della sua vigna e del suo albero di fico, e nessuno avrà più paura. Io ho fede ancora, che Noi vinceremo!” Così
parlò Martin Luther King il 10 dicembre 1964, quando
ricevette a Oslo il premio Nobel per la pace. Ed è col suo
messaggio di speranza, insito nei miei ideali, che ho visionato
le opere giunte per questa manifestazione, chiedendomi più
spesso chi fosse quel Noi, chi fosse il leone, chi fosse
l’agnello. Il Noi li abbraccia entrambi, ognuno di noi sa
farsi leone e risultare agnello. Noi... questa imperfetta umanità,
ostaggio del pregiudizio, della paura, dell’egoismo. Noi che
dobbiamo sconfiggere l’odio e l’intolleranza per
riscoprire il bello e la speranza, perché la verità
si faccia bellezza e la bellezza diventi verità. La
dottoressa Turricella mi chiedeva un discorso allargato alle
marginalità perché a suo e nostro avviso la luna nel
pozzo non è utopia. Il riflesso della luna in un pozzo è
da sempre metafora di una bellezza imprigionata, dell’attimo
di felicità catturato per caso e che difficilmente
rivivremo allo stesso modo e con la stessa intensità.
Ebbene la bellezza di uno scatto, dei vostri scatti, tutto ciò
che ci rimanda il magico processo dell’obiettivo ci
restituisce il potere di credere a un’utopia possibile: la
pacifica convivenza delle pluralità delle identità.
Il tema del territorio che viene immortalato con le sue bellezze
naturali e architettoniche è l’aspetto di un’estetica
d’identità che si fa inclusione. Solo salvaguardando
le nostre radici, celebrando la bellezza della nostra terra, i
colori, gli orizzonti, gli scorci, le costruzioni ci riconosciamo
come appartenenti a una comunità, portatrice di tradizioni,
folclore, storia, arte. Basti pensare alla signora vestita di
nero, seduta sull’uscio nella foto “Generazioni a
confronto”. Ogni regione in Italia e ogni città nella
medesima regione si distingue dall’altra e possiede una
precisa identità. Convivono nel nostro Paese svariate
identità,con usi e idiomi di matrice latina, piuttosto che
greca, celtica o albanese. Eppure questa pluralità delle
identità non ha compromesso l’Unità Nazionale.
Ebbene contestualizziamo il tutto ai giorni nostri e rendiamoci
conto dell’enorme potere inclusivo che ha la bellezza
Un’opera d’arte che sia pittorica, musicale,
fotografica o poetica trasmette il vissuto dell’artista, ma
si presta a molteplici interpretazioni, è il punto
d’incontro tra produzione e fruizione, tra identità
diverse che si riconoscono nelle somiglianze piuttosto che nelle
differenze. Non bisogna negare le differenze, ma lasciarle un
momento da parte per celebrare le cose in comune. L’animo di
un poeta, come lo sguardo di un bambino o la luce di un tramonto
sono semi di bellezza senza nazionalità, sono patrimonio di
noi tutti. Compito delle istituzioni e degli operatori sociali è
lottare perché sia ben saldo il proposito di mantenere
integra l’identità di ogni essere umano, senza
ricorrere a categorie(il pazzo, il migrante, il clandestino, lo
straniero, il disabile), ma restituendo a ciascuno il proprio
nome. Occorre attraversare le culture e capire che non ne esiste
una che sia migliore dell’altra. Occorre superare le vecchie
ideologie colonialiste che sostenevano la supremazia culturale
dell’Occidente e dobbiamo adoperarci per un Rinascimento
transculturale. Ma noi cittadini cosa possiamo fare? Tutti
noi abbiamo delle responsabilità. Riappropriamoci ad
esempio di un’etica del vocabolario. Quando ci riferiamo
agli altri usiamo le parole giuste. Risaliamo anche all’etimologia
della parola accoglienza…deriva dal latino e vuol dire
leggersi,
appunto dal latino
accollĭgĕre,
formato da ad-
e da collĭgĕre
ossia "cogliere,
raccogliere"
a
sua volta
cogliere è composto da co- insieme e lègere
raccogliere. Occorre pertanto mettere in dubbio le nostre certezze, aprirci a un confronto ad armi pari perché solo senza prevaricazioni e pregiudizi, il leone e l’agnello potranno sedere alla stessa tavola e voglio credere che non sia utopia vederli mangiare insieme, anziché mangiarsi l’un l’altro. Martina Franca, 29 aprile 2018 - discorso di Claudia Piccinno
Clauda Piccinno (Maggio 2018 - Tutti i diritti riservati©)
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