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Lino Patruno: il Jazz tra cultura e memoria

 


Lino Patruno è uno tra i pių celebri musicisti jazz italiani nel mondo, nel 2011 è stato invitato a rappresentare l'Italia al New Orleans Jazz & Heritage Festival e tra innumerevoli attività e riconoscimenti è membro della Giuria del David di Donatello. Lino Patruno è anche un custode della memoria: l'intervista si rivela un prezioso contributo per il nostro percorso filosofico


Lei ha iniziato alla fine anni ’50 con la musica, poi con I gufi negli anni ’60 dà inizio al primo esempio di cabaret italiano ispirato a quello francese. Come è nata questa iniziativa e che significato le attribuisce?

La mia discesa in campo nel cabaret è stata occasionale perché lavoravo nei settore dischi, ero una specie di direttore artistico delle marche straniere come la Blue Note Records. Già suonavo quando andavo a scuola, ho frequentato l’Istituto superiore per geometri e già suonavo e facevo concerti

Dal punto di vista filosofico culturale tanti anni dopo cosa le ha lasciato l’esperienza del cabaret?

Mi ha dato molto anche se mi ci sono avvicinato per via di una ragazza con la quale avevo una storia e che mi ha coinvolto. Avevo pochi soldi, allora questi ragazzi tra cui Svampa e Brivio mi offrirono di suonare la chitarra in uno spettacolo di canzoni che loro facevano in un locale di Milano, il Captain Kidd, ho accettato per stare vicino a questa ragazza ma anche per guadagnare dei soldi. Poi mi ha coinvolto professionalmente perché ho imparato a recitare, cantare, a presentare. Tutte esperienze che non avevo fatto

Dal punto di vista della comunicazione lei si č espresso in ogni forma. Da grande musicista jazz riconosciuto a livello mondiale, cosa rappresenta per lei la musica? Che significato ha per lei condividerla con il pubblico?

La musica è tanta e la maggior parte è orrenda perché è un fatto quasi esclusivamente commerciale e cerca di solleticare i giovani che si avvicinano alla musica più per divertimento che per interesse. Mi occupo di Jazz classico e non moderno che detesto. Non amo la musica leggera, non mi piacciono tutte le manifestazioni in cui la folla corre. Mi piacciono le cose di nicchia, rare, da ricercare. Al di là del Jazz, ascolto musica raffinata coma la Bossa Nova brasiliana, musica d’autore che ha conservato il buon gusto. Oppure le canzoni di Barbra Streisand, comunque autori raffinati e di buon gusto perché il mondo purtroppo dal ’60 in poi è caduto nel cattivissimo gusto, gusto orrendo

In una foto con Bill Coleman

C’è bisogno di gentilezza, di buon gusto che sono sempre ormai più rari

Io non accendo più la televisione per non essere investito da volgarità, stupidità

Dal 1985 dirige una sua “European Jazz Stars”, di cosa si tratta?

Nel ’85 prima ancora dell’Europa unita

Quindi lei è un precursore dell’Europa unita

Sì. Misi in piedi un’orchestra con sette musicisti. Feci un grande concerto ripreso anche dalla Rai al teatro Carcano di Milano, ne feci anche un disco. Questo fu il primo di una serie di concerti con European Jazz Stars che fu un’esperienza meravigliosa, ma nel frattempo misi in piedi la mia America All Star con i più grandi solisti del mondo facendoli venire da New York, Miami, Los Angeles in Italia in qualche Festival importante. Purtroppo più si va avanti e meno se ne fanno, ci sono solo manifestazioni orribili che chiamano Festival del Jazz e dove il Jazz c’entra come i cavoli a merenda

Lei continua a fare concerti, tutti a Roma?

No, ho rappresentato l’Italia al Festival Internazionale di New Orleans ma non lo ha saputo nessuno perché in quel momento i media erano preoccupati per il fatto che George Clooney si era lasciato con la fidanzata…

Come scrittore ha pubblicato due autobiografie “Una vita in Jazz” e “Lino Patruno, una vita in Jazz e non solo…” edite da Editoriale Pantheon, la scrittura autobiografica che cosa le ha dato?

Ho la fortuna di essere molto ordinato, ho dei taccuini dove segno tutte le cose che faccio per questo mi ritrovo una banca dati senza entrare nel computer. Così non è stato difficile ricostruire

Per lei la scrittura autobiografica è una cura, nel senso soprattutto del prendersi cura di sé?

Mi son sempre preso cura di me stesso, pensi che raccolgo articoli di giornale che mi riguardano dal 1954

Davvero ordinato e custode della memoria!

L’artista disordinato non fa parte di me. Sono anche un organizzatore quindi non posso essere disordinato

E per il lettore che cosa può rappresentare l’autobiografia di un artista come lei?

Innanzitutto un pezzo di storia, il mio esame col Jazz è un esame con la storia del Jazz. Questi personaggi americani che ho incontrato e che son venuti in Italia sono quelli che hanno creato il Jazz quindi è un po’ l’apporto di questi musicisti nel nostro paese. Sono gli italiani ad aver dato i natali al Jazz

Addirittura?

Sì, sono stati i figli dei coloni siciliani che nei primi anni ’10 in America hanno creato il Jazz a New Orleans, La Rocca ha inciso il primo disco nel ’17, Armstrong nel ’23 e moltissimi musicisti erano siciliani: il biglietto per arrivare a New Orleans da Palermo costava la metà che per arrivare a New York. Poi in Louisiana davano la terra a coloro che la sapevano coltivare e così si riversarono in massa portandosi dietro anche la tradizione degli strumenti musicali delle bande di paese. Nick La Rocca era figlio di un trombettista, Gerolamo La Rocca, che era partito da Salaparuta in Sicilia per gli Stati Uniti nel 1872 e aveva suonato nella fanfara dei bersaglieri del Generale la Marmora durante la III guerra di Indipendenza. Questo strumento fece innamorare il piccolo Domenico, detto Nick, che fu il primo della storia ad incidere un disco jazz

Considero la scrittura come le tracce che noi lasciamo nel mondo, che rapporto ha con le sue tracce?

Sono un ricercatore e collezionista, colleziono film, dischi, documenti, libri: non ho una casa ma un magazzino! Sono interessato alle tracce dei musicisti che amo, alle cose che non vorrei che scomparissero

Lei ama davvero la memoria!

Sì, amando la memoria dei miei miti, di quelli che continuo ad amare, allo stesso modo lo faccio per me. Non vorrei che andassero perdute. Stiamo pensando infatti con il ministro della Giustizia e con il ministro della Cultura della Repubblica di San Marino di Istituire una Fondazione a mio nome a cui regalerò tutto. Perché il mio Paese non merita nulla, in Italia contano solo i raccomandati. Potremmo vivere di rendita solo con la cultura…io con questo Paese non voglio avere a che fare

Nel Dicembre del 2001 ha ricevuto l’investitura di Accademico della Musica conferitogli dall’Accademia Europea per le Relazioni Economiche e Culturali e dal 2003 tiene seminari sulla Storia del Jazz (La Casa del Jazz, Università Tre di Roma) e sulla Storia delle Colonne Sonore da Film (Università del Cinema e della Televisione di Roma a Cinecittà).

Tutte le domeniche mattine alla Casa del Jazz faccio lezione di storia del jazz, ma non come a scuola. Il mio pubblico è diverso, ci sono presidenti della Corte d'Appello, ci sono attori come Ivo Garrani, viene Nicola Bulgari, viene lo storico Lucio Villari…

Che esperienza è l’insegnamento per lei? Che rapporto ha con gli studenti?

È un’esperienza bellissima! Racconto delle storie corredate da filmati che io conservo ed è anche un maniera per rinfrescare la memoria per ricordare e riscoprire cose

Maria Giovanna Farina


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