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La vita continua



Questa mattina, recandomi al lavoro, una volta sceso dall’autobus ho notato un’ambulanza e un’auto della polizia ferma davanti al parco giochi della piazza. Poco più in là un crocchio di persone ha richiamato la mia attenzione. Erano quattro sanitari e due della nettezza urbana. Erano tutti attorno ad una persona sdraiata per terra. Ho subito intuito che stavano praticando il massaggio cardiaco al poveretto che è poi risultato essere un barbone che viveva lì, su una panchina. Ciò che più mi ha colpito all’istante è stato il forte contrasto tra il tentativo di salvare un uomo e dei ragazzi a pochi metri che giocavano a pallacanestro vociando incuranti. Chissà, forse non se n’erano neanche accorti che la morte aleggiava a pochi passi da loro. Stetti ad osservare l’alternarsi di quanti si prodigavano attorno a quell’uomo. Rimasi anche colpito con quanta costanza si applicavano: non pensavo che avrebbero continuato per così tanto tempo. Rimasi lì per circa mezz’ora dopodiché dovetti andarmene che ancora stavano insistendo nella loro opera di salvataggio.

Dopo circa due ore tornai in quel luogo. Non c’era più nessuno tranne, seduto su di una panchina lì vicino, un amico del barbone al quale chiesi se l’amico si fosse ripreso.

Mi disse subito che non ce l’aveva fatta, che la sera precedente si erano parlati e che al mattino un mezzo della nettezza urbana era passato per svuotare i cestini e che gli addetti si erano accorti dell’uomo dal volto bluastro disteso sulla panchina. Chiamarono subito il 118 ma nonostante ogni strenue tentativo di salvargli la vita fu vano. Gli dissi che mi dispiaceva. Anche a noi dispiace, mi rispose. Lo salutai e, scuotendo il capo, con la tristezza nel cuore, me andai. Tutt’attorno la vita continuava come se nulla fosse accaduto, in fondo a chi poteva importare della morte di un povero barbone senza fissa dimora.

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Max Bonfanti, filosofo analista (Novembre 2022 - Tutti i diritti riservati©)

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