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LA  PENSIONE

 

Dopo oltre quarant’anni di duro lavoro anche per Giordano era arrivato il tanto agognato e temuto giorno di lasciare il vecchio posto di lavoro e di godersi la meritata pensione.        

Era il suo primo giorno di libertà e invogliato dalla bella giornata primaverile decise di fare una passeggiata per il corso proprio durante le ore di lavoro, quando la gente occupata non se lo può permettere. Si sentiva leggero e fortunato, molti suoi colleghi non erano riusciti ad andare in pensione, il Signore li aveva chiamati a Sé anzitempo. Osservava tutto e tutti come non aveva mai fatto, solitamente alle quattro del pomeriggio di ogni giorno feriale si trovava in ditta a controllare che i macchinari a lui affidati funzionassero a dovere invece ora poteva permettersi di andare a spasso. Passeggiare a quell’ora non era come farlo durante i giorni festivi o comunque non lavorativi, la gente che vedeva era diversa, non sapeva bene in cosa fosse diversa ma la vedeva diversa. Giunto davanti ad una gelateria decise di prendersi un cono a due gusti, limone e pistacchio. Intanto che camminava lentamente per il corso gustandosi il suo gelato la sua attenzione fu attratta da uno strano tipo appoggiato al muro. Era vestito in modo dimesso ma non da straccione, capelli lunghi un poco arruffati, un paio di occhiali scuri ma non scurissimi, una folta barba brizzolata ornava  il viso e aveva appeso al collo, tramite una catenella metallica, un cartellino con una scritta in caratteri veramente minuscoli.

Giordano pensò tra sé e sé quanto fosse diverso dagli altri accattoni, ma forse non era un accattone, ma se non era un accattone cosa ci faceva lì? Decise di avvicinarsi all’uomo per capire cosa ci fosse scritto ma una volta a portata di lettura poté solo leggere parole incomprensibili, senza significato, parole che non volevano dire niente.

-        Mi scusi, ma cosa significa quel cartellino?

-        Perché lo vuole sapere?

-        Penso che se qualcuno espone un cartello è perché vuole che venga letto

-        Giusto! Ha perfettamente ragione, ma se lei avesse subito letto il cartello probabilmente non si sarebbe fermato e se la scritta fosse chiara non mi avrebbe posto alcuna domanda

-        È vero, non ci avevo pensato

-        Sono tante le cose alle quali non ci si pensa

-        Mi scusi se forse le sto sembrando uno che non si fa i fatti suoi, ma lei cosa ci fa qui?

-        Lei cosa pensa che ci faccia?

-        Ma, non saprei, forse chiede l’elemosina

-        Le sembro uno che chiede la carità

-        Ad essere sincero non saprei, ma quelli che si pongono così, come fa lei, di solito la chiedono

-        No, non chiedo la carità, almeno in senso stretto come viene inteso dall’accezione comune. Stavo aspettando lei

-        Me?!

-        Sì, lei

-        Ma me proprio me?

-        Beh, non lei proprio lei, ma qualcuno come lei, qualcuno che non avendo niente di meglio da fare si sofferma davanti un apparente barbone e si chiede cosa faccia appoggiato al muro con appeso al collo un cartellino incomprensibile

-        Quindi io le do l’impressione di non avere niente da fare?

-        Chi si può permettere alle quattro e mezza del pomeriggio di passeggiare guardando di qua e di là per il corso leccando un cono gelato?

-        Lei mi ha quindi osservato?

-        Osservo tutto quello che mi passa davanti

-        Le andrebbe di sedersi da qualche parte

-        Cosa intende da qualche parte?

-        Non so, in un bar, su di una panchina, da qualche parte, dove vuole lei

-        Perché mi fa questa proposta?

-        Perché come ha detto lei non ho niente da fare e lei mi incuriosisce. Sa, oggi è il mio primo giorno di pensione

-        A beh, se è così… volentieri, ma per favore non mi faccia scegliere, decida lei

-        Le andrebbe una coppa di gelato seduti? Lì dove ho preso il cono lo fanno molto buono e ho visto che ci sono dei tavolini dove si può parlare senza essere disturbati

-        D’accordo, grazie, accetto volentieri

 

Si tolse gli occhiali, il cartellino e si incamminarono verso la gelateria. Appena giunsero si sedettero in un angolo appartato dove poter conversare tranquillamente.

 

-        Allora cosa desidera?

-        Visto che è da stamattina che non mangio gradirei un mangia e bevi

-        Bene, allora per farle compagnia un mangia e bevi anche per me

 

Poco dopo gli portarono due grosse coppe di mangia e bevi

 

-        Caspita, che coppa, non so se ce la farò a finirla

-        Io credo proprio che non avrò problemi, ma mi dica, non penso che mi abbia invitato solo perché non aveva niente da fare?

-        No, il vero motivo è che lei è così diverso dalle persone che sono solito frequentare che l’ho trovata molto interessante e che offrirle da bere sia il minimo che possa fare

-        Lei è veramente una brava persona. Che lavoro faceva prima di andare in pensione?

-        Niente di particolare, mi occupavo delle macchine in una fabbrica di filati

-        Beh, un lavoro di responsabilità. Se si fermano i macchinari sono soldi che si perdono

-        È vero, è quello che mi diceva sempre il mio capo. Pensi sono entrato in quella fabbrica più di quarant’anni fa e non ho mai avuto il piacere di conoscere il padrone.

-        Padrone, che brutto termine, il proprietario si dice. Comunque sono certo che anche se lei non l’ha mai conosciuto lui conosceva tutti i suoi dipendenti

-        Figuriamoci se con tutto quello che aveva da fare aveva anche il tempo di conoscere i suoi operai, comunque padrone o proprietario per me era sempre quello che aveva i soldi, ma lei piuttosto, mi parli un po’ di lei

-        Cosa vuole che le dica, anch’io lavoravo in una fabbrica e ad un certo punto mi sono stancato, ho avuto una crisi esistenziale, ho rinunciato ad ogni mio avere, ho lasciato tutto in mano ai miei figli e me ne sono andato, all’inizio con un po’ di soldi in tasca, ma poi, una volta terminati ho preferito vivere alla giornata, girando di qua e di là, dormendo dove capita e mangiando quando qualcuno come lei mi offriva qualcosa, ormai sono già due anni che vivo così, sono felice della scelta fatta, ho imparato cosa voglia dire tirare a campare e quel che è più bello non ho obblighi e nessuno sa dove sia

-        Però che coraggio! Ha detto di aver lasciato tutto in mano ai suoi figli? Vuole dire che la fabbrica era sua?

-        Beh sì, mi vergogno a dirlo ma è così

-        Vuole dire che io, un povero operaio in pensione, ho offerto da bere ad un industriale?

-        A un ex industriale, ora sono più povero di lei, non ho neppure la pensione, caro Franceschini  

a cura di Max Bonfanti

          (Giugno 2015 - Tutti i diritti riservati©)


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