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La casa di Otto



È insolito come le persone, le cose, gli ambienti a noi più familiari serbino lati mai notati anche se in vista. L’altro giorno, percorrendo la strada che solitamente faccio da anni tutti i giorni per recarmi al lavoro, ho notato un portoncino leggermente defilato, posto in una rientranza di un palazzo antico, della cui presenza in tanti anni non mi ero mai accorto. Senz’altro l’avrò visto chissà quante volte, ma la mia attenzione non era mai stata attratta, tanto che consciamente ero all’oscuro della sua esistenza. Curioso, mi dissi, è un portoncino così carino, in legno antico scolpito a mano chissà da quale abile ebanista e non me ne sono mai accorto. In effetti era molto strano che non l’avessi mai notato, un ingresso come quello è difficile da ignorare: come cornice un architrave poggiato sui capitelli di due colonnine di marmo rosa.

Mi avvicino e ammiro un bassorilievo rappresentante scene di caccia con l’arco, leggo una targhetta in ottone sulla quale spicca un nome probabilmente tedesco seguito da una incomprensibile sigla. La voglia di premere il pulsante del campanello è forte. Il chissà chi vi abita è subito seguito da cosa m’interessa. Lascio perdere e proseguo per la mia strada. Quello che non ho fatto di giorno durante la veglia lo faccio durante la notte come realizzazione del desiderio diurno.

Sogno di suonare il campanello, nessuno risponde né appare, ma la porta si apre ed entro. Mi ritrovo in un ambiente ampio e tetro, un suono d’organo a canne avvolge e pervade indistintamente tutto, il motivo mi è familiare ma non lo riconosco, sembra un brano di musica sacra di Bach. Mi inoltro in un ambiente estraneo che mi rendo conto essere molto più ampio di quanto potessi immaginare dall’esterno, l’impressione è quella di essere in una chiesa, con ampie vetrate colorate, alte colonne di marmo e quadri con rappresentazioni bibliche appesi alle pareti, ci manca solo l’altare e poi sarebbe una vera chiesa. Non c’è nessuno. Lungo le pareti più lunghe vi sono delle panche di legno lavorato molto belle e i pavimenti sono di marmo dello stesso tipo delle colonnine all’ingresso. Dove ipoteticamente ci potrebbe stare l’altare c’è una fontana a forma di una grande acquasantiera, una grande pila con al centro una statua dalla quale dovrebbe zampillare l’acqua ma non ne sgorga neppure una goccia. È innegabile che il sogno mi abbia colpito ed abbia contribuito ad aumentare la mia curiosità nei confronti di cosa possa celarsi dietro a quel misterioso portoncino. Decido così, senza indugi, che alla prima occasione avrei bussato a quella porta. Cosa che immancabilmente faccio il giorno stesso. Giunto davanti al portoncino suono, nessuno risponde, esito un attimo ma poi suono un’altra volta, più a lungo, niente. Desisto. Passano le settimane, passano i mesi quando un giorno, dopo qualche tempo che non ci passavo per motivi di lavoro, vedo un cartello affisso sul portoncino con la scritta “vendesi” e un numero di cellulare estero. Subito prendo il numero e senza pensarci due volte chiamo nonostante non abbia la minima intenzione di acquistare un immobile palesemente al di sopra delle mie capacità economiche. Riesco solo dopo molte insistenze e più telefonate a fissare un appuntamento con l’agente immobiliare per il mattino di un sabato. All’appuntamento, puntualissimo, un distinto signore apparentemente sulla ottantina si presenta come il venditore.

È una casa chiusa da molti anni, i proprietari anziani vivevano in Germania e solo adesso che sono morti, l’unico erede, colui che li ha assistiti fino alla morte ha deciso di vendere, più che altro se ne vuole disfare visto che abita in Germania nella sontuosa dimora che i suoi datori di lavoro gli hanno lasciato. Come potrà vedere si tratta di una casa antica con finiture di pregio anche se avrebbe bisogno di qualche piccolo restauro conservativo, nessuno ci abita da quando il quartier generale delle truppe naziste d’occupazione l’hanno abbandonata in tutta fretta, pare che ci abbia pernottato anche il führer in persona. Io, mi sono comunque sempre occupato affinché non andasse in rovina e periodicamente incaricavo un’impresa di pulizie a tenere in ordine il tutto. Ci sono dodici camere più sale, saloni, un grande giardino ed altri locali di servizio, i bagni sono cinque, il tutto distribuito su tre piani oltre ad una grande cantina in cui sono ancora conservati pregiati vini.” Parla come se la conoscesse bene. Iniziamo la visita e man mano che s’aprono le imposte, la luce del giorno, prepotente, irrompe svelando preziosi arredi dell’epoca. Il grande giardino, stranamente è curato e nell’autorimessa sono ancora parcheggiati alcuni mezzi recanti la croce uncinata sulle bandierine: una moto con sidecar e una vecchia Mercedes. Dopo un giro durato oltre due ore, commentato in un italiano contraddistinto da un forte accento tedesco il venditore smette di parlare e mi guarda fisso negli occhi dapprima e poi scruta tutta la mia persona come aveva fatto all’inizio e dopo qualche attimo: “In queste stanze vi sono conservati molti oggetti e documenti più che rari, chi entrerà in possesso dell’immobile entrerà in possesso anche di tutto quanto vi è contenuto, potrà accedere a cose molto rare ed importanti rimaste nell’ombra. Qualcosa di unico!”

Tutto cominciava ad assumere contorni tanto interessanti quanto inquietanti. Anche se gli interni erano diversi da quelli visti in sogno, devo dire che l’atmosfera era invece molto simile. Un’atmosfera di mistero senza un apparente mistero. Si trattava certamente di una casa molto bella e soprattutto molto impegnativa, ma il bello doveva ancora venire.

Perché ha voluto vederla? Non penso che lei voglia acquistarla, eppure ha insistito tanto affinché gliela mostrassi. Warum? Perché?”

Di fronte a tanta sicurezza non me la sento di mentire e dico che il desiderio di vederla era sì forte che quando ho visto il cartello che era in vendita non ci ho pensato due volte a chiamare.

Lo sa che sono venuto da Berlino apposta per lei?”

Questa affermazione mi lascia di stucco, sapevo che il numero telefonico corrispondeva alla Germania, ma ero lontano dal pensare che il venditore sarebbe giunto da lì.

Mi scusi tanto, ma non potevo immaginarlo”

Eppure le avevo detto al telefono che non era semplice per me mostragliela e nonostante ciò

aveva tanto insistito.”

Capisco, ma se una casa è in vendita bisognerà pure vederla.“

Lasciamo stare, non intendo fare polemiche. Mi dica piuttosto, le piace la casa?”

Certo è affascinante.”

La vuole?

E senza tanti preamboli sbotta:

Se la vuole, con poca spesa può essere sua. Contento?”

Cosa intende dire? Vuol dire che me la regala? Siamo seri! E a quale titolo?”

Sono molto serio, a lei piace, a me non serve e se, oltre alle spese notarili che saranno le uniche a carico suo, ne avrà cura come l’ho avuta io, la casa è sua a patto che non la rivenda, almeno finché io sarò vivo. Prima di venire qui ho preso informazioni su di lei e penso che sia la persona adatta, è l’unica che sia riuscita a convincermi a mettermi in viaggio.”

La sua proposta è molto allettante, ma vorrei pensarci un po’, mi sembra tutto così assurdo.”

Capisco, è naturale che le possa sembrare assurdo, ma le garantisco che non sto scherzando, è la pura verità. Io sono vecchio, non ho nessuno a cui lasciarla e sapere che è in buone mani mi farebbe molto piacere, ho passato qui i migliori anni della mia vita, ho superato i novanta e sebbene goda di ottima salute non penso di avere chissà quante primavere davanti a me. Ormai sono venuto in Italia e non intendo tornare a Berlino senza aver sistemato la faccenda.”

Era ormai chiaro che il venditore altri non era che l’unico erede e si era scomodato personalmente per vedermi. Era venuto da Berlino apposta per me, senza neppure conoscermi, a parte le chiacchierate telefoniche. La cosa era per lo meno insolita per non dire ai confini della realtà. Perché regalarmi una proprietà del valore di parecchi milioni di euro? Otto, così si era presentato, mi guardava fisso, come se pendesse dalle mie labbra, come se dalla mia risposta dipendesse chissà quale importante conseguenza per la sua esistenza. Cosa c’era sotto? Quale tremendo prezzo avrei dovuto pagare in caso di accettazione? È strano come la vita ci abbia portato a pensare che sotto una offerta vantaggiosa ci debba sempre essere una fregatura. È lontano anni luce da noi la possibilità che qualcuno possa donarci qualcosa senza secondi fini, solo per motivi a noi sconosciuti ma onesti, ci deve sempre essere celato un inganno.

È lasciare qualcosa ai posteri, che sia un ideale, uno scritto, un oggetto, una scoperta, e perché no, anche un immobile, non importa cosa, a dare un senso imperituro alle nostre esistenze, a ciò che siamo stati; solo le tracce che lasciamo permettono di continuare e tramandare il nostro lavoro, il nostro pensiero e perché no i ricordi e i segreti contenuti in una casa occupata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

Due anni fa, quasi centenario, Otto ci ha lasciati ed io sono proprietario di quella casa da oltre dieci anni, l’unico prezzo che ho dovuto pagare e che tuttora pago sono le tasse, non c’era sotto niente di tremendo, nessun inganno, ma ho imparato tanto da questa esperienza e ancora sto imparando, dopo oltre dieci anni non ho ancora terminato di esaminare tutto il materiale contenuto nella casa di Otto e pur non avendo nessuno erede, ora, so quello che farò quando sarà prossimo il mio momento.

a cura di Max Bonfanti

socio fondatore e vice presidente dell'associazione culturale L'accento di Socrate



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