IL REGOLAMENTO Fu quasi per caso che quel giorno l’incontrai e se ci credessi, direi che fu uno strano scherzo del destino. A proposito vi siete mai accorti come la parola destino entri quasi sempre in accezioni negative? Beffa del destino, atroce destino, destino crudele, per colpa del destino, fatale destino, come se qualcosa di tremendo e ineluttabile fosse sempre in agguato in attesa dello scontato esito finale. Tornando al nostro racconto, dicevo che fu quasi per caso che l’incontrai, semi appoggiato al muro di una casa del Corso distribuiva volantini ai passanti, uno dei tanti distributori viventi di pubblicità spicciola. Di lui nulla di particolare mi colpì, almeno fino a quando non mi diede un volantino: non me lo porse semplicemente come faceva con gli altri, quasi mi prese la mano che solo per un atto istintivo riuscì a scivolare via, scusi disse, ma la trattenne quel tanto sufficiente perché lo guardassi in faccia, negli occhi. Uno sguardo apparentemente bonario e accattivante che celava però qualcosa di arcano per un attimo mi rapì, dissi nulla, presi la sua pubblicità, la misi in tasca e proseguii per la mia strada. Dopo pochi lenti passi, fatti come se camminassi assorto in profondi pensieri, mi fermai, estrassi il volantino di tasca e tenendolo in mano senza neppure guardarlo, portai la punta delle dita dell’altra mano appena sopra il mento accarezzandolo, lentamente mi girai come per inquadrare la persona che pochi istanti prima aveva intaccato le mie difese, ma se n’era già andata, probabilmente aveva finito i volantini, pensai. Come sospinto da un’idea che non dà tregua cominciai a pensare fortemente chi fosse, chi mi ricordava, sempre che qualcuno mi ricordasse, buio totale, sebbene la sensazione di qualcosa che è lì per esplodere spingeva fortemente per vedere la luce. “ Apertura del nuovo locale Danaos, ingresso gratuito, un buono omaggio da spendere subito, si vince sempre”. All’istante fecero breccia nella mia mente le parole di Laocoonte, il sacerdote troiano che nel secondo libro dell’Eneide tentava di dissuadere i suoi concittadini dal fare entrare il cavallo di legno, dono dei greci, entro le mura di Troia: “Timeo Danaos et dona ferentis”. C’era qualcosa di infido in quell’invito, ma la curiosità albergava in me pur pensando che mai avrei scelto una parola come Danaos, tanto richiama una fregatura. Il posto indicato non era lontano, in una via trasversale il Corso, a poche decine di metri dall’angolo si trovava la sede di questo nuovo luogo di ritrovo, il Danaos. Mi avviai e dopo poco mi ritrovai davanti al nuovo locale dove, di spalle, vidi qualcuno che invitava i passanti ad entrare non solo porgendo volantini ma anche con parole che con tono suadente attiravano al suo interno. Una sorpresa mi colse giunto all’ingresso: la stessa persona che mi diede il volantino poco prima ora era lì, pareva quasi che mi aspettasse. “Benvenuto signore” fece con un sorriso, e come se non mi avesse mai visto, ” Non esiti, entri, non abbia timore, se dice che la mando io, Lucio, sì, io mi chiamo Lucio, come la luce, le daranno un ulteriore bonus in omaggio, si vince sempre, prego entrate, non si paga niente, è tutto gratis” continuava. E perché dovrei avere timore? Dissi tra me e me, senza più pensarci varcai quella soglia, scesi gli scalini ed entrai dove mai avrei immaginato di mettere piede. Mi ritrovai in un ampio salone con moquette rossa come rosse erano le pareti lungo le quali erano disposte decine di slot machine. Luci soffuse e una piacevole musica di sottofondo facevano da contorno all’ambiente. “Mi manda Lucio”, feci ad una hostess in abiti succinti che prontamente mi venne incontro. “ Prenda questi gettoni, uno è il benvenuto di Danaos e l’altro perché la manda Lucio” disse con un gran sorriso sulle labbra lucide di rossetto. “Grazie”, risposi e mi accomodai davanti alla slot indicatami. Inserii il primo dei due gettoni ricevuti in omaggio, premetti il bottone e aspettai. Dopo alcuni secondi si fermò sul monitor la combinazione. Una combinazione che mi elargì un cospicuo numero di gettoni che lasciai nella vaschetta. Inserii il secondo gettone ricevuto in omaggio ed anche questa volta la Dea bendata fu generosa permettendo alla vaschetta di riempirsi di gettoni e ciò fece sì che un allegro scampanellio risuonasse in tutto il salone. Non so neppure io quanti gettoni fossero finché un’altra hostess venne a prelevarli dandomene in cambio altri, un numero notevolmente inferiore ma dal valore nominale assai maggiore. “Complimenti signore, ha fatto un en plein, la regola della Casa vuole che glieli cambi e d’ora in poi potrà giocare solo con questi nuovi gettoni, le ricordo che il regolamento impone che ne usi almeno tre, mi segua per favore che l’accompagno nella saletta dove potrà giocarli”. Mi accompagnò in una piccola sala dove si trovavano solo tre slot, una per ogni lato della stanza escludendo il lato dell’ingresso e mi congedò con un laconico “Buona fortuna” . Al contrario del salone dove oltre a me c’erano almeno una decina di altri giocatori, qui c’ero solo io. Sentii chiudersi con un suono ovattato la porta alle mie spalle, scelsi un posto e mi sedetti non privo di interrogativi ai quali però non ritenni fosse il caso di dare una risposta, notai però che il sottofondo musicale era rappresentato da motivi degli anni ’50 e ’60, diversamente dal salone dove c’era musica molto gradevole ma che non conoscevo. Contai undici gettoni del valore di mille euro l’uno, pensai che anche se avessi perso i tre gettoni obbligatori avrei sempre pur vinto ottomila euro, non male per uno che non aveva mai giocato d’azzardo in vita sua. Con una certa emozione inserii il mio primo gettone e fremente aspettai che la combinazione finale si fermasse sul monitor. Nulla, ed anche il secondo come il terzo gettone sortirono nulla, allora continuai a puntare incurante di tutto, le ore passavano inesorabilmente facendomi perdere ogni cognizione sia del tempo che del denaro, le vincite si alternavano alle perdite, fantasmagoriche combinazioni si susseguivano incessantemente alternandosi a suoni e a musichette e quando rimasi con un solo gettone, esausto, esitai ancora un attimo prima di introdurlo, si trattava pur sempre di mille euro, gli ultimi, ma quando i soldi sono facili li butti anche facilmente e fu così che giocai il mio ultimo gettone. Accade però qualcosa di strano, sul monitor anziché formarsi una combinazione vincente o perdente, apparve la scritta: ”Passare in direzione per una importante comunicazione!” Mi alzai e, un poco titubante mi avviai verso la porta dove un’altra hostess già mi attendeva, senza preamboli mi invitò a seguirla, camminammo per non so quanto in una sorta di percorso onirico tra sale, salette e lunghi corridoi e finalmente giungemmo davanti l’ennesima porta. “Attenda qui, prego.” Disse con un beffardo sorrisino, come se già sapesse cosa mi aspettava. Entrò in una stanza ed io rimasi fuori ad attendere, ancora. I pensieri che già avevano iniziato ad affollarsi durante il tragitto si fecero sempre più pressanti e sempre più domande rimanevano senza risposta. Finalmente dopo una lunga ed estenuante attesa la porta si riaprì e l’hostess disse che il direttore mi stava aspettando. Mi fece accomodare su di una comoda poltrona posta davanti ad un grande tavolo di cristallo. Dall’altra parte, seduto di fronte a me, serio in viso, il direttore. “Egregio signore, si chiederà il motivo di questa convocazione, ebbene con l’ultimo gettone giocato ha fatto nuovamente un en plein e di questo mi congratulo con lei, ma per riservatezza preferiamo comunicarglielo di persona. Lei ha vinto una cifra considerevole, ma poiché ha impiegato solamente gettoni da noi offerti, il regolamento vuole che prima di darle l’assegno lei sia meritevole di questa ingente vincita. Dovrà perciò trascorrere un giorno intero chiuso in una delle nostre apposite cabine, dotate di ogni comfort, ripensando alla sua esistenza e solo se riterrà di non aver mai commesso atti riprovevoli ovvero aver taciuto di fronte a fatti in cui avrebbe dovuto o voluto intervenire ma non lo ha fatto, potrà ritirare il nostro assegno.” Come ad una letio magistralis non ebbi alcuna possibilità di replica che subito il direttore si congedò. Mi si chiedeva di fare un esame di coscienza per poter ritirare la vincita. È incredibile pensai. L’hostess che mi aveva accompagnato entrò e mi chiese cosa intendessi fare. Mi pareva di sognare, che senso potesse avere tutta questa messa in scena mi era totalmente incomprensibile. Tutto era assurdo, dall’ambientazione alle vincite, dalle strane regole del Danaos alla altrettanto incomprensibile richiesta del direttore, sì, probabilmente stavo sognando, ma non era così, purtroppo. A quel punto non m’importava più né della vincita né di quel dannato locale, volevo solo andarmene, uscire da quello che ormai era per me diventato un incubo e poi, chi mi avrebbe garantito che dopo l’esame di coscienza non ci sarebbe stata qualche altra strana richiesta da parte della direzione e del suo stramaledetto regolamento? Come potevano stabilire se mentivo o dicevo il vero? No, i confini della realtà erano stati superati! “Cosa desidera fare signore?” “Come ha detto, scusi?” “Le ho chiesto se intende accettare la richiesta della direzione.” “No, voglio andarmene da qui!” “Ma se uscirà perderà ogni diritto sulla sua vincita” “Non m’importa, voglio andarmene” “Allora firmi questa rinuncia e sarà libero di andarsene, ma è sicuro che le convenga? Se vuole può ripensarci, qui non abbiamo mai premura, ma solo premure per i nostri clienti” “No, grazie, preferisco rinunciare alla vincita” “Come lei preferisce, signore, vorrà dire che li daremo in beneficenza” Presi il foglio della rinuncia, firmai e l’hostess prima di accompagnarmi all’uscita dove il solito imbonitore continuava la sua propaganda, mi offrì un gettone omaggio. “Questo potrà usarlo ogni volta che vorrà venirci a trovare e chissà. Arrivederci e buona fortuna!” “Si vince sempre, prego entrate, non si paga niente, è tutto gratis. Oh, buongiorno signore, si è divertito al Danaos? Torni presto e lo dica agli amici!.” Era vero, era tutto gratis e si vinceva sempre ed avevo la sensazione, mentre continuavo a rigirare il gettone tra le mani, che qualcosa l’avevo vinta anch’io anche se non sapevo ancora cosa. a cura di Max Bonfanti Condividi i tuoi commenti con noi GRUPPO DI DISCUSSIONE SU FACEBOOK: CLICCA L'ACCENTO DI SOCRATE |
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