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La Cinipide galligena



Mi chiamo Rocco, sono un agronomo e faccio la guardia forestale nel Parco nazionale del Pollino, trascorro le mie giornate camminando per i boschi controllando che non vi siano inconvenienti e, qualora ci fossero, è compito mio risolverli, sempre nel limite delle mie possibilità naturalmente. Camminando nel bosco, intento nella identificazione dei castagni colpiti da una grave malattia causata da un insetto parassita accidentalmente importato dal Giappone insieme ad altri castagni acquistati per migliorare raccolto e qualità, la Cinipide galligena, paradossalmente responsabile di un forte calo della produzione ed anche di moria di piante, ebbi come la sensazione di essere seguito da qualcuno, qualcosa, più per curiosità che con intenzioni ostili. Stanco di questa presenza aliena decisi così di sedermi su di un tronco abbattuto e di sezionare una delle galle raccolte. È incredibile come all’interno di essa fosse già possibile scorgere l’insetto in formazione, delle dimensioni e il colore di una formichina ma in grado di distruggere migliaia di ettari di castagni, ormai su quasi tutto il territorio nazionale. E mentre ero apparentemente assorto in questo lavoro, ecco che vidi con la coda dell’occhio una figura, dal corpo molto tozzo, similantropomorfa poiché non era possibile definirla umana, ma neppure non umana e non appena mi fu sufficientemente vicina da poterla meglio distinguere, trasalii constatando che in quello che doveva essere un volto appariva solo un grande occhio, come si trattasse del ciclope di Ulisse con la differenza però, che questo occhio era molto, molto particolare: praticamente era l’unico organo di senso presente o per lo meno visibile. Avevo di fronte a me un essere con una testa enorme, che poi capii trattarsi di uno sferoide contenente solo un grande occhio, molto mobile e probabilmente polifunzionale; ultima particolarità, almeno fino a quel momento, fu che in certi momenti era possibile vedere attraverso esso come se fosse un semplice buco, ma alla stessa stregua del monitor di un televisore era anche possibile vedervi scorrere fotogrammi simili a filmati e fu lì che mi accorsi di vedere scorrere i punti salienti della mia vita. Sì, lo so che è poco credibile, ma le mie percezioni furono quelle.

A ben guardarlo sembrava sicuramente non appartenere a questo nostro mondo, ma se così fosse, cosa ci faceva lì da solo in un bosco? Non lo so e non ebbi neppure il desiderio di saperlo, ero troppo curioso d’altro, a certe domande avrei risposto in un secondo tempo, per il momento la smania di conoscerlo era superiore a tutto. Come quando mi seguiva, anche ora che era fermo davanti a me non mostrava assolutamente comportamenti ostili anzi, infondeva serenità, però non parlava, sembrava muto, in fondo una bocca non l’aveva, pensai così che ogni possibile comunicazione sarebbe potuta avvenire solo tramite quella specie di occhio.

Vorrei soffermarmi sulla forma poiché era veramente inusuale, non conoscevo esseri dalle siffatte sembianze poiché gli arti, quattro, con funzioni ancora da capire, avevano la prerogativa di essere retrattili come le unghie di un gatto per cui immagino che la progressione avvenisse per rotolamento, visto che non avevo ancora avuto la possibilità di vederlo in movimento. Le meraviglie però non erano del tutto finite difatti durante un tentavo di entrare in contatto con lo strano essere, con mia grande meraviglia iniziai a vedere sul “monitor” i miei pensieri, esatto, man mano che si formavano nella mia mente apparivano contemporaneamente scritti sul video. Quello stranissimo individuo era in grado non solo di leggerli, ma di codificarli nella mia lingua. A questo punto mi aspettavo di leggere una risposta ai miei interrogativi ma lo schermo si fece dapprima confuso, poi bianco e infine, come in una dissolvenza, svanì e mi ritrovai in un letto d’ospedale. Mi dissero che ero stato colpito dal colpo vagante di un cacciatore e mi ero appena risvegliato dall’anestesia.

A cura di Max Bonfanti


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