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LA DIVERSITA': CONCETTO OCCIDENTALIZZATO DELL'ESSERE DONNA

... (Liberi di travisare o di leggere NELLE PAROLE !!! )



Per comprendere le diversità bisogna vestirsi di disponibilità ad accogliere quanto ci è stato inculcato come “diverso “ e percepire l’alternativa, immedesimandosi nell’altro, abbracciando colui che può arricchire i limiti, definendo l’espansione degli orizzonti: un’empatia voluta o costruita che determinerebbe la possibilità di raggiungere quel filo unico di comune sentire. Non è auspicare alla costruzione dell’uguaglianza, idea utopistica che determinerebbe l’appiattimento di culture, tra l’altro diversamente raggiungibile nel presupposto che ogni individuo è unico a se, ma la consapevolezza che la diversità non deve innalzare il muro della chiusura mentale. Siamo carnefici della costruzione della nostra visione, della nostra scelleratezza, delle nostre imposizioni. Ed è per questo che non mi sorprendo a guardare al nostro passato, ritrovando nella inferiorità della donna, voluta dalla nostra società, argomentata dal Cristianesimo, golosamente condivisa dall’uomo, nel momento in cui le nostre nonne accoglievano con benevolenza l’autorità del padre padrone, nella convinzione, iniettata dalla nascita, di essere creature inferiori. Radici di restrizione mentale, di gabbie di razionalità, di paletti sociali, sono parte della nostra storia che si dichiara fiera erede della filosofia Greca e della Legge Romana. Non bisogna stupirsi, quindi, se Aristotele affermava che la donna “è un essere imperfetto” e Platone scriveva, impunemente, che la donna deriverebbe da una degenerazione dell’essere umano. Di qui l’ovvietà della Legge Romana che, nel nutrirsi della filosofia Greca, rese ufficiale la sottomissione della donna. L’evoluzione dell’identità femminile è stata una lunga battaglia e, ogni macchia indelebile, è stata una vittoria su ciò che possiamo essere oggi. Ci sono voluti anni e lotte per disarcionarci dal ruolo pre-costituito e renderci paladine della libertà di altre donne. Forse è per questo, che con piena coscienza, dobbiamo diventare protagoniste del cambiamento in altre realtà, senza seguire il sentiero tracciato da coloro che nascondono incursioni e crociate d’interesse economico dietro sipari di “missioni di pace”. E’ l’estremismo a dover essere condannato, in ogni sua forma e in ogni luogo, anche nella nostra presunta società superiore, perseguito in quanto tale deve perire saziando la fame delle parole, la sete di sapere, la voglia d’essere diversi da meri orpelli di un viaggio senza eco. Ho indossato il burqa e, nella gabbia delle emozioni, ho vissuto l’oblio. Forse non l’avrei notato se quel velo mi fosse stato imposto quando ero infante, forse non avrei nutrito rabbia al posto di coloro che seguono fedelmente il loro credo. Senza essere diverse dalle nostre nonne, le donne islamiche inchinano il loro sguardi come verità insegnata al loro nascere. E, come la Legge Cristiana disse ai nostri padri di dover sottomettere la donna, così il Corano, senza imporre il burqa, afferma: “ E di' alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai figli dei loro mariti, ai loro fratelli, ai figli dei loro fratelli, ai figli delle loro sorelle, alle loro donne, alle schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno desiderio, ai ragazzi impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste delle donne. E non battano i piedi, sì da mostrare gli ornamenti che celano. Tornate pentiti ad Allah tutti quanti, o credenti, affinché possiate prosperare. “(Sura XXIV:31).  Le atrocità possono essere annientate colmando le mani vuote di tante pagine, ognuna per una differente realtà, così saranno loro DONNE a poter discernere, volere, condividere e, soprattutto, ESSERE!



Pensieri di Mirella Musicco (Luglio 2016 Tutti i diritti riservati©)


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