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Incontro con Roberto Mordacci docente di Filosofia Morale

e Preside della Facoltà di Filosofia

dell'Università Vita-Salute San Raffaele




L’etica del rispetto, un libro davvero interessante. Parti dal significato nel linguaggio quotidiano per giungere al senso filosofico profondo, lo fai in modo interdisciplinare. Ci puoi dare una definizione filosofica del rispetto?

Il rispetto è un atteggiamento che nasce dal riconoscimento dell’autorità della libertà di ciascuno. Il riconoscimento dell’altro come capace di decidere da sé.

Quindi devi accettare ogni sua scelta?

Non tanto devo rispettare qualunque scelta l’altro faccia, devo rispettare la sua capacità di decidere autonomamente. Se però tu fai una scelta che ritengo sbagliata, sempre in nome del rispetto, posso dirtelo. Il rispetto non comporta che io non discuta le tue scelte. Comporta che io riconosca la tua libertà di scegliere da solo, per esempio posso intervenire se tu fai qualcosa di sbagliato nei confronti dei più deboli: se picchi un bambino io posso rispettare in astratto che tu lo faccia come metodo educativo, ma una violenza forte su un bambino è raramente giustificata e posso intervenire.

Rispettare l’ambiente, la dignità delle persone e gli animali vuol dire rifarsi al medesimo atteggiamento?

C’è qualcosa di più profondo, dobbiamo ritornare alle origini del rispetto. In origine il rispetto non era rispetto fra eguali, oggi siamo persone con eguali libertà e quindi pretendiamo rispetto da tutti. Un tempo il rispetto era dovuto a chi aveva autorità e forza, pensiamo all’antica Grecia: il rispetto era per il capo, il guerriero coraggioso. La struttura del rispetto storicamente era gerarchica. Anche nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1879 il rispetto è il rispetto della legge. Storicamente il rispetto è asimmetrico. Ora è simmetrico, nel mondo moderno è il rispetto per l’eguale che fonda tutto. Facciamo l’esempio della redazione di una rivista, il redattore capo ha autorità perché gli è stata conferita, non se l’è data lui. Il rispetto che il direttore pretende dai colleghi è un rispetto dovuto al potere che loro gli hanno conferito. Circa gli animali, io riconosco loro un potere di vivere che ho anch’io. Tra me e gli animali c’è una comune appartenenza ad un potere di vita, un potere che non ho conferito io e per cui devo avere un certo rispetto. Lo stesso nell’ambiente, la natura è un potere su cui noi abbiamo una grande capacità di intervenire con la tecnologia, ma è un potere che ci sovrasta per cui è naturale che noi proviamo un certo rispetto e timore reverenziale nei confronti della natura: pensiamo all’esplosione dei vulcani o alla densità della foresta amazzonica. In questo caso il rispetto vuol dire prudenza.

Hai fondato presso l’Università Vita-Salute il Centro studi di etica pubblica, quali sono le finalità?

Fare studi e ricerche sulle questioni morali e politiche del mondo contemporaneo in particolare nello spazio pubblico con una metodologia interdisciplinare e pluralistica perché coinvolgiamo nelle nostre ricerche competenze anche non filosofiche.

Tu hai sviluppato una teoria della morale, di cosa si tratta?

La teoria su cui lavoro l’ho chiamata personalismo critico. Credo si possa sostenere che l’idea di persona sia uno dei modi più ricchi e articolati di indicare l’esperienza umana; fa parte di questa definizione di persona l’idea di corporeità. Persona è il corpo ma c’è anche tutta la dimensione interiore, c’è la personalità che è un’altra cosa e c’è l’idea di libertà. Dentro questa idea ho introdotto, rispetto alla tradizione personalista che si rifà a Emmanuel Mounier per quel che riguarda il novecento europeo, la mia proposta. Si tratta di un personalismo in chiave kantiana e cioè pensando la nozione di persona, di dignità, che consiste nella libertà del volere. Si chiama personalismo critico perché assume dentro la propria proposta la concezione della Critica della ragion pratica che sta nella filosofia critica di Kant.

Che posto occupa la morale nell’oggi?

La Morale, in questi ultimi dieci anni, è stata riscoperta come elemento irrinunciabile per il buon funzionamento delle relazioni sociali. Il ‘900 pensava invece che la morale fosse relegata alla dimensione del privato invece è rinata l’Etica pubblica. Con una quantità eccessiva di disonesti una società non funziona, si rende impossibile la convivenza, questo non può essere affidato solo al diritto. Il diritto è troppo rigido e non può prevedere tutte le casistiche.

Che differenza c’è tra Etica e Morale?

La distinzione tra Etica e Morale è un po’ artificiosa perché in italiano traducono la stessa idea: i costumi. Di solito nel mio corso tendo a dividere la Morale come l’insieme delle convinzioni del senso morale comune, dall’Etica che è una riflessione anche filosofica sui valori e sull’etica di senso comune che cerca di rendere coerente il tutto. Perché il senso comune a volte contiene delle regole incoerenti tra loro. L’Etica è all’incirca la Filosofia Morale, la Morale è quella che di fatto circola nella società.

Maria Giovanna Farina presidente dell'associazione culturale L'accento di Socrate

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