Brano scelto da Maria Maletta
MEDEA: (uscendo dal palazzo, seguita dalla nutrice) - Donne di Corinto, sono uscita dal palazzo perché voi non mi biasimiate: conosco infatti molti uomini superbi, sia qui sotto i nostri occhi, sia fra gli stranieri, i quali, per non aver mosso piede, si acquistarono cattiva fama di indifferenza. […] Questa sciagura imprevedibile, che si è abbattuta su di me, ha distrutto l’anima mia. Per me è finita e perduta ogni gioia di vivere, desidero soltanto, mie care, morire. Colui nel quale avevo riposto tutto, il mio sposo – ben lo comprendo -, è diventato il peggiore degli uomini. Fra gli esseri tutti, dotati di anima e di ragione, noi donne siamo la razza più sventurata; noi che dobbiamo anzitutto comprarci con una grossa dote uno sposo e insieme un padrone del nostro corpo; e, fra i mali, questo è il male peggiore. E in questo, c’è un gravissimo rischio: avere un marito cattivo o buono. La separazione non porta buona fama alle donne e non si può neppure ripudiare il marito. Bisogna che una donna, entrando in un ambiente con leggi e usanze nuove, sia un’indovina – ignorandone tutto finché è ragazza – per sapere quale compagno del letto le toccherà mai. Se questa difficile ricerca ci riesce bene e lo sposo coabita di buon grado portando il giogo coniugale, allora è una vita degna di invidia, se no, è meglio morire. L’uomo, quando è sazio di starsene in famiglia, se n’esce e dà tregua alla noia in compagnia di un amico o di un coetaneo noi invece siamo costrette ad avere davanti agli occhi una persona sola. Dicono poi che viviamo in casa una vita senza pericoli, mentre essi combattono in guerra. Ma ragionano male: io vorrei imbracciare tre volte lo scudo, piuttosto che partorire una volta sola. […] io, sola e senza patria, tolta come preda da una terra barbara, sono offesa da mio marito e non posso rifugiarmi, a conforto dei miei affanni, né presso mia madre né presso un fratello o un parente
Euripide, Medea, Primo Episodio – la scena è a Corinto davanti alla reggia di Creonte traduz. Raffaele Cantarella, Mondadori, Milano 1985, pp. 19-20. Se vuoi commentare lo scritto blog.libero.it/accentodisocrate/ |
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