CHI SIAMO

INDICE/ARCHIVIO

REDAZIONE

CONTATTI




Libera Mazzoleni, un'artista poliedrica affascinata del pensiero greco




D.. Sei un’artista che ha sperimentato diverse tecniche e tra l’altro sei anche scultrice, che cosa rappresenta per te la scultura?

R. La scultura è stata il mio originario rapporto con le forme espressive dell’arte, il mio modo giovanile di rispondere alle emozioni nel rapporto con il mondo, quelle emozioni estetiche che appartengono ad ogni persona e nascono dalla facoltà di percepire con i sensi e con l’intelligenza l’infinito spettacolo del mondo. Se riguardo ora queste mie giovanili opere, vedo nei loro colori e nel dinamismo delle loro linee, quell’entusiasmo e quell’energia inesauribile che è tipica dei giovani, ma vedo anche, nel dinamismo delle loro forme, porsi la questione del “divenire” con l’inquietudine di quella domanda di senso che mi porterà, che mi ha portato a sperimentare, altre forme espressive

 D. La creazione artistica è un mezzo per comunicare, a tuo parere è anche terapeutica?

 R. La creazione artistica, come tutte le forme creative che “mettono al mondo qualcosa che prima non c’era” sono esperienze terapeutiche,  non tanto per la produzione concreta di qualche oggetto, ma perché consentono un viaggio dentro se stessi che permette l’esperienza concreta dell’unione dell’anima con il corpo. Perché produce un sentire con il corpo, un intelligenza del cuore che può esprimersi come memoria, immaginazione o produzione di immagini e cose, un modo per arginare quindi quella separazione tra anima e corpo che ha segnato la cultura dell’Occidente. La creazione artistica è un modo umano di dire e come tale è un mezzo di comunicazione. Per me l’arte è il mio rimedio al vivere, la mia medicina dinanzi alla gioia e al dolore dell’esistenza, ha quindi una fondamentale funzione terapeutica

 D. Che rapporto hai con le opere della classicità?

 R. Sono molto affascinata dal pensiero greco che ha visto la “bellezza” nel rapporto con la “misura” “l’equilibrio tra le parti” la non prevaricazione dell’una sull’altra”, che pone uno stretto legame tra  bellezza ed etica (naturalmente il concetto di bellezza o equilibrio tra le parti cambia nel tempo). Penso sia stato l’interesse per questo stretto legame, oltre al fatto di essere una donna, che  mi ha portato ad una forma espressiva che ignora l’estetica fine a se stessa persa nell’astratto e universale, equilibrio delle forme... in favore di un’arte, diciamo, esteticamente impegnata, capace di interrogarsi sul senso del proprio fare, di dire la propria personale, soggettiva visione del Mondo, consapevole di trovarsi quindi in un “particolare” tempo e in un “particolare” luogo

 D. Il 9 ottobre si apre una tua mostra, qual’è il tema ispiratore?

 R. la mostra presenta alle pareti una sequenza di immagini ricavate dal lavoro di ricerca fatto sulla performance Dibutade, performance  che in occasione dell’inaugurazione viene anche rappresentata. Questo lavoro offre una riflessione che collega il passato al presente, messi a confronto, utilizzando due modalità del fare tecnico: quello artistico e quello della tecno-scienza.

Ho infatti attinto al mito di Dibutade e a un racconto di Kafka (La colonia penale). Tra i diversi miti sull’origine della pittura, la versione di Plinio il Vecchio riconosce l’inventrice della pittura in una donna di nome Dibutade; figlia di un vasaio di Corinto, tracciò sul muro i contorni dell’ombra proiettata dal suo amante mentre conversava con lei.

Nel racconto di Kafka “Colonia penale” un giovane ufficiale, affascinato dal perfetto funzionamento di uno strumento costruito per infliggere la pena di morte, si abbandona ciecamente all’esaltazione di quella tecnica omicida che alla fine lo trascinerà nel gorgo della vittima, dopo averlo fatto esistere come carnefice inconsapevole del dolore arrecato...Da un lato nella tecnica della pittura evocata dalle parole del mito troviamo la dimensione della memoria, del contatto, dell’amore...dall’altra il nichilismo produttore delle tecniche di morte...

Ovviamente questa riflessione doveva tradursi nel linguaggio dell’arte, ma come ho detto, abitando e richiamando non il sidereo e infinito spazio popolato dall’estetica esangue delle forme e degli Universali astratti, ma il mondo degli uomini e delle donne che accanto a me vivono in questo complesso presente.

 Maria Giovanna Farina

Inaugurazione

sabato

09 ottobre 2010

ore 17 - 21

ore 20: performance

Noi

aperto da martedì a venerdì

dalle 15,30 alle 19

e su appuntamento



Dieci DUE! international research contemporar y art associazione culturale

Via Volvinio 30 [ passo carraio ] 20141 Milano [ MM2 Abbiategrasso | Tram 15 ]

[ tel | fax ] 02 58306053 art director Maria Rosa Pividori 349 2814715 PM

www.diecipuntodue.it dieci.due@libero




Torna indietro

L'accento di Socrate