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La consulenza filosofica, una pratica che viene da lontano


La consulenza filosofica è raccontata in Ho messo le ali nel 2013 e ripresa in La libertà di scegliere nel 2017 dove viene suggerito come scegliere le persone migliori ed allontanare quelle che ci fanno stare male. Infine il discorso viene completato in Ho messo le ali II edizione nel 2018.




In quale luogo l’uomo si esprime? Con chi e come lo fa? Sono gli interrogativi base per comprendere la comunicazione umana e non sentirsi estranei nella relazione con gli altri. Lo studio e l’analisi dell’uomo viene da lontano ancor più di quanto si possa immaginare, noi partiamo dai Greci solo perché ci rappresentano culturalmente: sono gli antenati della nostra civiltà.

Zoon logon echon è la locuzione con cui il filosofo Aristotele nella Politica definisce l’uomo, animale unico e diverso dagli altri perché dotato di parola: il vivente (zoon) che ha (echon) la parola (logon). L’uomo è anche “politikon, cioè un animale politico, fatto per stare insieme agli altri e per risolvere le sue questioni discutendo nell’agorà. Ancor prima, nella lettura dei dialoghi di Platone si incontra Socrate, il primo filosofo della storia occidentale dedito allo studio dell’anima umana. Da lì prende le mosse l’analisi della comunicazione e lo studio dell’interiorità con la tecnica del dialogo. Non un dialogo qualunque, ma uno improntato ad affrontare le idee della mente e a comprenderne la natura: personale o frutto di un indottrinamento culturale? Socrate si adopera tutta la vita per liberare le menti dagli stereotipi, dai luoghi comuni che ci potiamo dietro come una zavorra impedendo alla nostra anima di librarsi leggera nelle alte sfere, là dove non c’è posto per idee false. Passeranno parecchi secoli prima che Freud codificasse la tua teoria psicoanalitica scoprendo l’inconscio, la sua teoria trova terreno fertile per nascere grazie al frutto del lavoro del pensiero umano di tanti secoli. Gli spunti che si è trovato tra le mani sono tanti. Pensiamo al filosofo e storico Hippolyte Taine (1828-1893) che per primo parlò di rimozione, quel particolare stato dell’inconscio in grado di mettere da parte i contenuti inaccettabili della coscienza, le esperienze che è meglio dimenticare ma che dimenticandole, come teorizzò lo psicoanalista viennese, creano sintomi. Taine lo fece nel suo libro Le origini della Francia contemporanea ed. Adelphi sostenendo a proposito degli istinti che “Essi esistono sempre, anche in tempi normali; non li notiamo perché sono rimossi, ma non per questo meno attivi ed efficaci, anzi indistruttibili…”

In Totem e tabù Freud parla di repressione degli istinti e nel saggio Disagio della civiltà argomenta come la repressione sia ad opera della civilizzazione. Qui si incontrano altri spunti filosofici interessanti, come il celebre motto homo homini lupus risalente al commediografo latino Plauto morto nel II sec. a. C., riferimento poi ripreso dal filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) per affermare che l’uomo si lega all’altro non per amore ma per il timore reciproco. Proprio nel Disagio Freud parla della civiltà come il prezzo da pagare per essere più sicuri e protetti, il prezzo sarebbe la repressioni degli istinti.

Lo stesso studio dei sogni risale a molti secoli prima a partire dagli antichi Egizi e dai Greci che ne fecero con Platone e Aristotele un oggetto più scientifico.

Ho fatto alcuni esempi che hanno colpito il mio interesse per mettere in evidenza come ogni teoria abbia un retroterra culturale di esperienze e di pensieri di altri uomini: nessuno crea qualcosa dal nulla, nel caso di Freud c’è stata la genialità di mettere insieme e guardare avanti per applicare la conoscenza alla cura.

Il dopo Freud ha dato origine ad un dibattito che non si è mai spento, le critiche sono innumerevoli e non sempre costruttive, ma chi ha dato un parere interessante e utile all’evoluzione del pensiero freudiano, è stato, secondo il mio modo di intendere la filosofia e la modalità comunicativa dell’essere umano, lo psichiatra e filosofo svizzero Ludwig Binswanger (1881-1966) inventore dell’Antropoanalisi. Nota è la sua critica dell’homo natura freudiano considerata un’idea, nel senso che è una costruzione naturalistica. Binswanger riconosce l’importanza e il peso dell’opera freudiana, ma critica l’impianto teorico dell’homo natura, sostenendo che Freud considera l’uomo come un oggetto passivo sotto il dominio degli istinti. Sappiamo come il padre della Psicoanalisi consideri l’apparato psichico: costituito da Es (l’inconscio) Io (la consapevolezza) e Super Io (il censore); dare al desiderio il compito di spinta dal profondo dell’inconscio equivale ridurre l’homo natura in un’unica prospettiva. Per Binswanger l’uomo è molto di più, non è solo necessità da soddisfare ma un essere-nel-mondo: questa sarebbe la differenza tra visione naturalistica dell’uomo (homo natura) ed esistenza, tra scienza naturale ed antropologia. Freud ridurrebbe così la relazione tra molti con la relazione tra due: medico e paziente. Essere-nel-mondo significa avere un progetto di esistenza che entra in relazione con altri individui, perciò l’uomo, per Binwanger, non si può vedere solo come dominato dagli istinti ma come un essere in crescita dal punto di vista antropologico, proprio perché la relazione con gli altri lo spinge a mettersi in gioco come persona. Non solo corpo dominato da istinti, ma essere in crescita anche grazie all’azione della cultura, dell’arte e della spiritualità: pratiche dell’homo cultura.

Quando si è in relazione con una persona da ricondurre alla tranquillità dell’anima, una persona che deve comprendere e superare uno scoglio della vita, si è in due, ma in realtà si è in molti, tutti quelli che entrano in relazione con noi al di fuori di questo momento specifico. A chi mi chiede cos’è la consulenza filosofica, rispondo: per me è ascoltare chi mi sta di fronte nella piena consapevolezza che questa persona con la quale sto parlando vive in relazione con tante altre persone e che il suo progetto di vita si incontra-scontra con quello di altri. Anche per questa ragione l’esistenza diventa difficile, dobbiamo fare i conti con questi “altri” e le loro richieste a volte pressanti e difficili da soddisfare. Trovare un metodo personalizzato da applicare alle singole richieste, alle diverse criticità nelle differenti epoche della vita e far sì che questo metodo sia applicabile ad altre circostanze della vita futura di chi mi chiede aiuto, è il mio compito.

L’uomo con le sue esperienze si racconta attraverso linguaggi differenti: arte pittorica, poesia, musica e tante altre espressioni di quell’interiorità che preme e vuole uscire allo scoperto. Bisogna accoglierla, decodificarla e trovare la strada migliore per condurre la migliore esistenza tra le possibilità che ci sono date.

Maria Giovanna Farina



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L'accento di Socrate