Psicoanalisi e scrittura
Rosalba Maletta è germanista, ricercatrice e docente all'Università degli Studi di Milano. Si occupa di letteratura tedesca, specializzatasi nell'interpretazione psicoanalitica del testo ha a lungo studiato la psicoanalisi e, incontrando il pensiero di Freud e di altri autori ebrei-tedeschi, si è appassionata all'ebraismo, alla cultura ebraica e alla sapienza che si ritrova nella Torah
Professoressa Maletta, con i suoi studi ha rilevato dei punti di incontro tra psicoanalisi ed ebraismo ed il pensiero degli scrittori o dei poeti di cui faceva ricerca, in cosa consiste il suo lavoro sulla scrittura? Ci sono vari modi di avvicinare un testo: un testo poetico, una creazione artistica che lavora con le parole. Mi interessa leggere nei testi gli omissis, le ripetizioni o i punti ciechi di un autore. La scrittura che io interpreto è una scrittura che deve fornirmi determinate caratteristiche, vado a lavorare su quella che in termini scientifici si chiama isotopia profonda del testo Questa è una vera e propria psicoanalisi non sulle persone ma sul testo Il mio terreno più fertile è dove ci sono varie stesure di un testo perché mi permette di sovrapporle per vedere dove arriva lo scrittore, in questo modo mi sembra di non violare un testo e rispettare l'unicità di quel testo e del suo autore. I dati biografici entrano in gioco quando hanno avuto particolare importanza nella vita di un autore, ad esempio con Kafka è impossibile negare il suo corredo di corrispondenza, in particolare con diverse donne come le Lettere a Milena che sono un infinito deposito di riflessioni letterarie. Per alcuni autori sono importanti gli schizzi che fanno a lato dei fogli: ogni cosa parla, soprattutto quanto meno passa attraverso la coscienza riflessa Con che criterio cerca gli autori? Gli autori che più mi interessano sono quelli che più mi invitano ad una decostruzione del testo letterario, autori che si sono posti criticamente, e nei confronti di ciò che andavano costruendo, e nei confronti della cosiddetta Kultur. Pensatori che erano anche poeti come Walter Benjamin o poeti che erano filosofi come Franz Kafka o filosofi come Ludwig Wittgenstein Il suo studio di Freud è stata una scelta libera oppure obbligata? È stato un incontro bellissimo grazie al mio correlatore che considero un grande maestro: fu Enzo Funari. Un corso su Freud e la letteratura, una mente molto aperta come quella del prof. Funari mi ha permesso di fare una tesi di laurea di interpretazione psicoanalitica partendo da un racconto di Hoffman (citato nel saggio di Freud Il perturbante) Il mago sabbiolino. Siccome di questo racconto disponiamo della primissima stesura, addirittura l'ora e i minuti in cui è stata scritta... Quindi per lei è straordinario? E certo! Questa è stata una spinta grandissima a leggere i testi letterari cercando di rispettare quanto c'era scritto, come direbbe Jaques Lacan rispettando la lettera del del discorso. Rispettando quanto c'era scritto ma anche quanto è stato cancellato dallo scrittore stesso, quando ad esempio certe cancellature sono ricorrenti possono essere addirittura una compulsione a ripetere. Freud nel saggio Il perturbante le definiva caratteristiche demoniche ed io le ho rilevate anche in Freud stesso in alcuni punti. Questo scoglio inanalizzabile è, come direbbe lui e come dichiara negli ultimi lavori del '37, Il femminile In che senso Il femminile? Il femminile nell'uomo e nella donna, quell'elemento che per Freud resta un qualcosa di imperscrutabile che lui chiama il continente oscuro. Su questo femminile negli scrittori maschi io ho continuato a lavorare ed ho trovato dietro al femminile l'aspetto del materno tanto idealizzato quanto divorante. Possiamo fare un esempio di materno divorante ed idealizzato? L'aspetto divorante si può rilevare anche nel saggio Il perturbante dove parla del suo incontro inquietante con le prostitute in una città del sud Italia, una sorta di felliniana città delle donne, dove lui continua a tornare per viottoli irti e stretti come in una sorta di utero e da qui quasi non riesce ad uscire, vergognandosi. L'aspetto della madre idealizza l'ho sempre ritrovato in Freud in Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile dove parla di Leonardo da Vinci, l'ho ritrovato nel rapporto che la madre Caterina aveva col figlio Leonardo Mentre approfondendo l'ebraismo? Approfondendo l'ebraismo mi sono occupata della Shoah e quindi di autori che hanno presentito la catastrofe che stava per accadere come Frantz Kafka, morto nel '24 e di cui tutti i parenti sono stati sterminati compresa la stessa Mìlena; anche di Walter Benjamin che nel 1940 si toglie la vita a Portbau al confine tra la Spagna e i Pirenei a un passo dalla libertà. E poi l'incontro col poeta Paul Celan che ebbe i genitori trucidati dagli aguzzini nazisti e ha scritto intorno ai testimoni che non possono più testimoniare, la sua è una poesia che nasce dalla morte ma che non vuole la morte. Un altro aspetto che mi è derivato dalla psicoanalisi e dall'ebraismo è che l'arte, la poesia, la scrittura sono per la vita: la poetica di Celan mostra la vita come sospesa su un baratro, ma è una scrittura di denunzia La scrittura stessa è una testimonianza della vita dell'uomo, della vita che vuol testimoniare Celan testimonia per i morti, lui proveniva dai territori dell'Europa orientale benché di lingua tedesca e lì è stata sterminata tutta questa gente ma anche la lingua Yddish che Celan praticava e che da piccolo disprezzava come lingua del popolo. Diventa quasi una sfida impossibile questo parlare intorno alla morte e al lutto, ma già la scrittura è perdita, è lutto come afferma Freud ne Il disagio della civiltà del 1929. Egli scrive “La scrittura è sempre la scrittura di ciò che è assente”, cioè là dove c'è scrittura c'è stata una mancanza direbbe Lacan. L'assenza viene colmata con la scrittura, l'arte, la pittura, la musica. La scrittura implica un'elaborazione alla potenza perché non è un diretto passaggio all'atto, ma un atto sempre meditato La scrittura? La scrittura poetica Quindi la scrittura secondo lei è sempre un atto meditato? C'è un'annotazione dei Diari di Kafka che dice: “Quale soddisfazione aver cavato fuori dal mio ventre ancora sporca di sangue e di liquido amniotico, ma io so benissimo che ciò non è ancora arte, devo limarla e lavorarla per presentarla all'Altro perché come esce è qualcosa ancora di troppo immediato” Al di là se si è d'accodo oppure no con questa interpretazione, è molto bella la metafora della nascita e di come poi il bambino ancora sporco viene civilizzato dall'abito stesso, da come viene preparato. Ai fini pratici a chi può servire e come si inserisce nella cultura questo suo lavoro? Ciò che da questo lavoro emerge è la continua decostruzione dei testi, fare un lavoro di critica che costruisce nella misura in cui riesce a decostruire il testo, per poi ricomporlo sempre secondo i dettami dell'autore stesso. Nella mia esperienza di studio solitaria e nell'insegnamento con gli studenti questo metodo è sempre servito ad allenare in maniera formidabile lo spirito critico per poi applicarlo a tutti i fenomeni sociali e culturali: per poter andar a vedere cosa c'è dietro lo specchio, a volte specchi per le allodole, che ci si presentano. Non stiamo parlando di fenomeni massmediatici, ma di opere che vengono presentate come immane letteratura mentre viste nella giusta prospettiva si ridimensionano. Comunque ogni volta ciò che esce è un rispetto enorme per il linguaggio Che differenza c'è tra ciò che fa lei e l'Ermeneutica? L'ermeneutica dei testi non li decostruisce Li interpreta? Sì, li interpreta ed è l'Ermeneutica di stampo cristiano, perché quella biblica è praticamente Freud. L'Ermeneutica cerca di interpretarli allora il rischio è di sovrapporre la propria personale filosofia e rispettarli un poco di meno Quindi decostruirli significa analizzarli senza metterci del proprio? Ci si mette del proprio nella misura in cui ci si chiede “Ma perché ho scelto proprio questo?” Quindi non si interpreta ma si cerca di capirlo come si fa con una persona: cerchi di capire i sui sogni, gli atti mancati...tutte quelle manifestazioni che ci ha per primo insegnato Freud, cerchiamo di capirli senza metterci la nostra vita dentro... A volte ho capito perché mi sono scelta certi autori, mi hanno aiutata a comprendere la mia vita e a mettere meglio a fuoco il mio metodo, a quel punto li ho rispettati ancora di più. Nella tradizione dell'ebraismo lo scrivano, colui che deve trascrivere il testo dato da Dio che per gli Ebrei è impronunziabile, deve rispettare delle leggi rigorose e se fa un errore addirittura potrebbe morire. Il compito dello scrivano è solo quello di trascrivere Questo è utile per dire quanto è importante non metterci del proprio! Sì Per una persona che non si è mai occupata di queste cose, secondo lei qual'è il primo gradino per poter iniziare ad entrare in questo mondo? Un amore sfolgorante per il linguaggio che non è detto questa persona sappia di avere, ma che sicuramente ha perché basta riportarla alle lallazioni dell'infanzia, alle prime canzoncine dell'infanzia. E poi un autore che ami. Così piano piano si può seguire un percorso Infatti un autore che ami ti spinge ad interrogarti e a metterti in dialogo col testo Certo, una grande passione all'inizio che deve partire dalle viscere E non c'è pericolo di contaminare il testo dell'altro? No, con il metodo, come diceva Musil uno scrittore di cui mi sono occupata, “Esattezza ed anima” però prima esattezza. Con il metodo, con la vita esatta, quella vita che esige da te, si può trovare la via verso questo autore e ciò aiuta a capire meglio se stessi Lei professoressa, alla fine scrive e non c'è rischio a quel punto di mettere in campo se stessa? Io metto in campo ipotesi di lavoro e le opere restano nel tempo sempre suscettibili di infinibili interpretazioni, mentre gli uomini passano: soprattutto gli interpreti. La gioia è scoprire nel testo successivo, di quell'autore su cui si lavora, proprio quella frase che ti conferma che l'intuizione c'era Possiamo concludere dicendo: scegliete un libro che amate e dialogateci? Però chiedetevi anche quanto di vostro ci mettete in quel libro
Maria Giovanna Farina
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