Ognuno è unico sconosciuto anche a se stesso
Percepiamo la realtà del mondo a nostra immagine e somiglianza, in modo soggettivo, influenzati dalla cultura, dal luogo e dalla storia personale. Da quel che conosciamo e da quel mondo inconscio che ci abita dentro. Ogni relazione è condizionata dalle nostre e altrui proiezioni, in un gioco di specchi, siamo percepiti dagli altri in centomila modi diversi. Un classico d’inizio secolo colpisce per la sua straordinaria attualità: iniziata nel 1909 e pubblicata nel 1926 Uno, nessuno e centomila, tra le opere più famose di Pirandello, affascina in particolare chi è interessato a scoprire: “chi sono, qual è la mia autentica essenza e vera identità”. Al di là dell’immagine, dei ruoli, delle apparenze e di come siamo visti, percepiti, criticati e giudicati dagli altri. Una
mattina la moglie gli fa notare che il suo naso pende verso destra
e da questa apparentemente semplice osservazione, l’esistenza
del protagonista, Vitangelo Moscarda, verrà
sconvolta: vita familiare, relazioni, posizione sociale, la sua
identità, con una sapiente esagerazione, si dissolverà
sino ad estreme conseguenze. Chi è Moscarda? Uno, nessuno,
centomila. Nella
ricerca di se stesso prende coscienza di quanto sia diversa
l’immagine di sé dall’immagine che gli altri
hanno di lui.
La consapevolezza di essere visto dalle persone intorno a
lui in centomila modi differenti, accende il desiderio di
distruggere quelle forme che sente estranee e lo imprigionano. A
cominciare da quel Moscarda usuraio che ha ereditato dal padre
insieme con la banca da cui trae i mezzi per la sua esistenza di
borghese benestante. Il suo è un tragicomico
tentativo di non lasciarsi “ingabbiare” dalle
centomila immagini che gli altri proiettano su di lui e di non
“auto-inscatolarsi” da solo. Per liberarsi ed esser
nessuno si spoglierà di tutti i suoi averi e verrà
considerato uno fuori di testa. La follia in Pirandello è
uno strumento di contestazione delle forme della vita sociale,
l'arma che fa esplodere convenzioni e rituali, mostrandone
l’assurdità. Si
ribella a chi ricopre nella società ruoli legati al denaro
e al potere come i banchieri, il notaio, i prelati e, in parte il
giudice, considerati artefici della sopraffazione nella forma e
nei fatti. Moscarda cerca di ricostruirsi un'esistenza
svincolata da condizionamenti sociali, cerca di vivere la propria
autentica essenza. Ma per i suoi comportamenti fuori
dalle convenzioni verrà considero pazzo: abbandonato dalla
moglie, interdetto dai familiari, finirà in un ricovero da
lui sesso fondato con magnifiche elargizioni.
Particolare significato
assume il rifiuto del nome vissuto come un imprigionamento in una
forma immutabile, come un'epigrafe funeraria mentre l’individuo,
così come la vita, è un continuo fluire in divenire,
secondo la concezione dello stesso Pirandello. Il titolo del
penultimo capitolo, «Remissione»,
compendia le vicende del protagonista: spossessamento, abbandono,
remissività, rinuncia alla rivalsa legale, perdono e,
soprattutto, liberazione dalle forme sino alla remissione del
sintomo dello sdoppiamento, ineliminabile finché dura il
male di vivere. La rinuncia, nel suo caso, ha una valenza
salvifica poiché, per la voce narrante, paradossalmente
rappresenta una liberazione. Abbandonata l'identificazione
con la “Forma
mortifera”,
il Padre
e la logica del
possesso e del dominio, Vitangelo non più maschera nel
teatrino di Richieri, non si specchia più, vive,
apparentemente frantumato nelle cose in cui si proietta, come
parte di una Vita
che non conclude,
di un Tutto
infinito.
S'identifica con la logica della Vita
come fonte di
creatività e scrittura. Antonella Lucato
Autrice di saggi, racconti e aforismi. I suoi articoli sono pubblicati su riviste internazionali di cultura, comunicazione e letteratura. Dal 1999 tiene una rubrica su DM&C.
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