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Vorrei tanto un cane, ma il mio condominio lo vieta

 

L'accento di Socrate è da sempre schierato a favore degli animali e di una vita in simbiosi fra uomo e animale. È ormai dimostrato che la compagnia di un cane o di un gatto possa migliorare a livello psicofisico la vita di una persona e il legame che si crea fra l'animale domestico e il proprio padrone è spesso di straordinaria intensità.

Purtroppo nel nostro ordinamento non esiste il diritto, espressamente codificato, a possedere un cane o un altro animale, anche se non sarebbe una forzatura far ricadere tale diritto nelle disposizioni dell'art. 2 della Costituzione, relativo alla tutela dei diritti dell'uomo, della sua personalità e vita sociale. In mancanza di tale tutela a volte l'intolleranza di chi non ama gli animali porta a istituire regole illegittime che si trasformano in veri e propri soprusi nei confronti dei nostri amici a quattro zampe e dei loro padroni. È così che ci sono arrivate delle segnalazioni di persone che vorrebbero avere un cane o un gatto, consapevoli che tale compagnia potrebbe migliorare la loro vita, ma non ne adottano uno perché il regolamento del condominio in cui vivono lo vieta. Su tale tema si è espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza del 15 febbraio 2011, n. 3705, che ha dato ragione ai padroni di animali. Pur non argomentando in favore di un diritto a possedere un cane, che nel nostro ordinamento, come detto, non esiste, la Corte ha giustificato la propria decisione collegandosi al diritto di proprietà e alle facoltà ad esso connesse. Il diritto di proprietà, essendo esclusivo del singolo condomino, non può subire delle limitazioni dettate dai regolamenti condominiali, che sono approvati a maggioranza dei partecipanti e non all'unanimità. Le disposizioni che prevedono il divieto di tenere nel proprio appartamento un animale domestico devono essere considerate come delle reciproche servitù sulle rispettive proprietà esclusive dei singoli condomini e, in quanto tali, hanno natura di tipo contrattuale, possono essere approvate e modificate soltanto con il consenso unanime dei comproprietari. Ne consegue che anche con il dissenso di un solo condomino, il divieto di tenere animali domestici nella propria abitazione non può essere inserito nel regolamento di condominio o non può essere mantenuto nel caso sia già presente. Gli altri condomini o l'amministratore, quindi, non possono impedirvi di avere un cane in casa. Tuttavia, soprattutto se avete un cane, non dimenticatevi del divieto di nuocere o recare molestia agli altri, utilizzate le basilari regole del vivere civile che impongono di assicurarsi che il cane non abbai di notte o quando non siete in casa e di pulire immediatamente nel caso in cui il cane sporchi accidentalmente una parte comune dell'edificio o una parte, anche privata, dalla quale possano propagarsi odori sgradevoli e disturbare così gli altri condomini. Il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei singoli condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente.

Ciò in quanto le disposizioni che prevedono tale divieto incidono sui diritti dei singoli condomini, venendo a costituire una servitù reciproca sulle rispettive proprietà esclusive. Pertanto esse hanno natura contrattuale e possono essere approvate e modificate soltanto con il consenso unanime dei comproprietari.  

Alessandro Bonfanti socio fondatore dell'associazione culturale L'accento di Socrate



LA SENTENZA

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II CIVILE

Sentenza 15 febbraio 2011, n. 3705

Ciò posto, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva (12028/1993)

 

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