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Conciliamo? È sempre un bene?

 

Qualche tempo fa Alessandro Bonfanti ha pubblicato un articolo www.laccentodisocrate.it/legge5.html riguardante l'economicità, in termini di tempo e di denaro, di trovare un accordo bonario in alternativa all'avventurarsi in lunghi e costosi procedimenti giudiziari: è stato profetico! Il tentativo di conciliazione prima di andare in giudizio è diventato obbligatorio.

Alla luce di una importante riforma da poco entrata in vigore non posso non ritornare sul tema esprimendo qualche considerazione, seppur prematura vista l'introduzione normativa estremamente recente. La legge a cui mi riferisco è il D.lgs 4-3-2010 n. 28 che, entrato in vigore nel marzo del 2011, prevede l'obbligo per chi intende promuovere un giudizio civile relativo a determinate materie di esperire preliminarmente il procedimento di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale. Il procedimento di mediazione, disciplinato dal suddetto decreto legge e dal decreto attuativo del Ministero della Giustizia n. 180 del 18-10-2010, non è altro che un tentativo di conciliazione che le parti devono esperire prima di instaurare il giudizio dinnanzi al giudice.

Il tentativo di conciliazione introdotto da questa legge, tuttavia, non è un semplice invito alle parti a sedersi intorno ad un tavolo e a trovare una soluzione pacifica alla controversia, come suggerivo nel mio precedente articolo, nel quale invitavo a far prevalere il buon senso e a evitare le battaglie legali quando inutili. Il tentativo di conciliazione disciplinato dalla nuova legge è sicuramente più rigoroso nelle formalità, non a caso è stato definito dal legislatoreprocedimento di mediazione”. Innanzitutto il procedimento di mediazione deve essere esperito davanti ad appositi organismi di mediazione che sono degli enti pubblici o privati autorizzati dal ministero a svolgere attività di mediazione e iscritti in un apposito registro. Per essere autorizzati, tali organismi devono avere vari requisiti fra cui quello di operare in almeno due province e di avere nell'organico almeno cinque mediatori. Il mediatore, quindi, per esercitare la professione, oltre ad avere conseguito l'apposita qualifica in uno degli enti di formazione, anch'essi autorizzati dal ministero, può svolgere l'attività solo presso un organismo di mediazione autorizzato. Il procedimento prevede che le parti e il mediatore si incontrino nella sede dell'organismo per trovare un accordo, che, se raggiunto, viene formalizzato per iscritto dal mediatore, altrimenti, su richiesta delle parti, il mediatore deve formulare una proposta scritta di conciliazione. Cosa singolare è che la legge non prevede che il mediatore sia laureato in giurisprudenza o che abbia una particolare cultura giuridica, ma è sufficiente che abbia almeno un diploma di laurea triennale, in qualsiasi materia, o sia iscritto ad un ordine o collegio professionale. Mi chiedo, quindi, quanto la proposta di conciliazione proveniente da un mediatore privo di una profonda conoscenza delle leggi possa essere frutto di un ragionamento giuridicamente corretto che tenga conto delle norme applicabili al caso e che sia, quindi, realmente in rado di tutelare il vero titolare del diritto oggetto della controversia. Alle parti rimane, comunque, la possibilità di non accettare tale proposta e instaurare il giudizio dinnanzi al tribunale.

La conciliazione introdotta dal D.lgs. 28/2010, oltre a dover essere obbligatoriamente gestita da specifici organismi, come appena visto, è anche obbligatoria per la gran parte delle materie che sono ogni giorno oggetto di controversia nelle aule di tribunale: successioni, locazioni, comodato, affitto di aziende, diritti su beni mobili e immobili, responsabilità medica, diffamazione, contratti assicurativi, bancari, finanziari e, a partire dal marzo 2012, anche per le controversie in materia di condominio e per il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. L'obbligatorietà sta nel fatto che, se non è stato esperito il tentativo di conciliazione come previsto dalla legge, il giudice dichiara improcedibile la domanda, senza neanche leggere atti e documenti.

Consapevole che è sicuramente prematuro giudicare una legge appena entrata in vigore e che i suoi effetti, positivi o negativi, si vedranno solo in futuro, mi permetto comunque di esprimere qualche perplessità. La perplessità maggiore sorge sicuramente dall'obbligatorietà della procedura. Forse, se non fosse obbligatorio, probabilmente nessuno proverebbe a conciliare prima di instaurare la causa e la legge non raggiungerebbe il suo scopo che, non se ne è fatto mistero, è semplicemente quello di alleggerire il carico di lavoro dei tribunali. Tuttavia, rendere il tentativo di conciliazione obbligatorio in certi casi può essere solamente un ulteriore dispendio di tempo e denaro, si pensi, ad esempio, a quando la controparte si sia sempre rifiutata di collaborare, si renda irreperibile, sia morosa da parecchio tempo senza un giustificato motivo. Se in alcuni casi la conciliazione può veramente portare ad una risoluzione della controversia più rapida e meno dispendiosa, quando non va a buon fine allunga i tempi fino a 4 mesi, il termine massimo previsto dalla legge per la conclusione del procedimento di mediazione, e fa lievitare i costi per chi vuole far valere il proprio diritto. Infatti, gli organismi di conciliazione e i mediatori hanno diritto ad un compenso e, inoltre, bisogna considerare anche i costi dell'eventuale assistenza di un legale anche nella fase di mediazione. Il rischio è quindi che la conciliazione in molti casi si trasformi in una mera formalità, obbligatoria per poter accedere alla giustizia ordinaria, e in un inutile costo aggiuntivo per chi ha un diritto da far valere.

La mia impressione è, quindi, quella che dopo vari settori pubblici, come quello dei trasporti, dell'energia, dell'acqua, sia arrivato il momento della giustizia: l'ennesimo caso in cui lo Stato non è più in grado di garantire un servizio pubblico essenziale e deve ricorrere ai privati. Per ora si tratta solo di un rimedio ideato per alleggerire il carico di lavoro dei tribunali e che, sia chiaro, non delega alcuna funzione giudiziaria ai privati, tuttavia, è prevedibile che il tentativo di conciliazione obbligatorio porti in molti casi ad un ulteriore allungamento dei tempi per ottenere una sentenza e ad un aumento dei relativi costi che, chiaramente, graveranno solo sulle spalle dei cittadini.

Alessandro Bonfanti

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