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La donna ed il lavoro

la rivoluzione (?) Huffington

 



Che una donna per dimostrare di valere debba lavorare il doppio di un uomo, non è una novità. Che per farsi rispettare e magari ottenere una posizione di rilievo debba sacrificare se stessa e impegnarsi molto più dell’altro sesso, è cosa provata.

Lo abbiamo infatti sperimentato tutte noi che abbiamo lavorato o che ancora lavoriamo, che si tratti di un lavoro semplice o più impegnativo, la cosa rimane la stessa.

In un momento così difficile come l’attuale, dove cercare di mantenere un lavoro, sempre che lo si abbia, è cosa fondamentale, mi è suonato molto, ma molto strano, un appello lanciato da un sito di informazione e dalla sua creatrice, Arianna Huffington: “Donne lavorate meno!”

Ma come, proprio ora che viene premiato il/la presenzialista, oggi che è più considerato chi dedica il numero maggiore di ore al lavoro, è questo l’invito per noi che, oltre che all’ufficio dobbiamo pensare anche al bambino, alla casa, alla spesa e a tutto quello che ogni donna si deve sobbarcare?

L’invito è quello di prendere le distanze dai troppi impegni, dal tempo pieno, dalla competitività?

Ma chi se la sente di iniziare almeno in parte a ‘mollare’ un po’ a favore della vita privata?

Eppure, leggendo e rileggendo quello che questa bionda signora greca, giornalista e scrittrice sostiene, credo di averne inteso appieno il senso. Inteso, ma impossibile da condividere, almeno per ora. Della serie il troppo stroppia, per dirla in modo nostrano, la Huffington dice che, sia che si tratti di uomini o donne, lo stress da lavoro, da frenesia, da potere, fa male.

Certamente rende infelici, fa ammalare, porta anche alla morte. Il prezzo che si paga in termini di salute, felicità e famiglia, è decisamente troppo alto. E se fa male agli uomini, che possono essere facilitati nella loro vita lavorativa dal fatto che demandano tutto il resto alla consorte o compagna che sia, figuriamoci un po’ quali danni tutto ciò può creare nella nostra vita. Ma noi non dobbiamo fare molta fatica a scoprirlo, perché lo sappiamo già, lo viviamo ogni giorno sulla nostra pelle.

Ed ecco dunque cosa intende la scrittrice, con quella che è già stata definita la rivoluzione Huffington, -  donne lavorate meno perché il gioco non vale la candela.

Vogliamo continuare ad essere super stressate, tirate, nervose per tentare di conciliare lavoro e famiglia? Vogliamo continuare a vivere la frustrazione della non maternità (eh sì, perché spesso dobbiamo scegliere, o lavoro o famiglia)? Voler essere buona madre e moglie e lavoratrice costa troppo, è il momento di scegliere.-

Belle parole, certo, ma chi ha un lavoro non lo può lasciare; chi vive con due stipendi fa di tutto per salvaguardarli, perché la vita è cara e lavorare in due significa poter fare qualcosa in più… Chi glielo dice alla Huffington che nel nostro paese, purtroppo, prima di pensare ad un tempo di lavoro più morbido o modulato, dobbiamo ancora pensare a problemi immediati e quotidiani, tipo la difficoltà per una donna, ancor più se madre, di trovare un lavoro e nel caso lo trovasse di raggiungere un ruolo qualificato o di potere?

Ancora una volta le belle parole e i sogni si scontrano con la realtà; è vero, da statistiche le donne stressate hanno maggiori probabilità di ammalarsi; le top manager sono spesso molto infelici e tante volte lasciano prima del tempo, proprio perché si scoprono colpite da disturbi alimentari, cardiaci, di alcolismo. Ma trasformarsi da lavoratrici o da donne in carriera a madri accudenti è un lusso che non tutte ci possiamo permettere. Almeno non ora. La rivoluzione Huffington sarà anche giusta, ma è ancora troppo lontana da noi e siccome sognare non costa nulla, sogniamola per il nostro futuro. Quando sarà possibile realizzarla, vorrà dire che le donne, ma anche il nostro paese, avranno fatto un passo avanti, avranno raggiunto un gradino più alto, avranno vinto!

In fondo, anche Socrate diceva che dobbiamo occuparci della nostra anima innanzitutto, delle emozioni, gioie e sentimenti; ma mi sa che la nostra vita attuale ancora non conosce tale grande pensiero filosofico.


Giuliana Pedroli  socia fondatrice dell'associazione culturale L'accento di Socrate

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