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Mamme bambine

 

Si sta andando contro tendenza e non so se è un bene. Negli anni 70/80, in nome di una ricerca della maturità, di una affermazione professionale, le donne partorivano dopo i trenta, quarant’anni. Ma anche ora, le donne mature e consapevoli aspettano una sicurezza affettiva, anche economica, visto il mondo in cui viviamo. Ultimamente però, sta succedendo qualcosa di inaspettato, di strano: possiamo quasi parlare di un vero e proprio boom, quello delle mamme baby. E non si tratta solo di un film “17 ragazze”, in programmazione nelle sale in questi giorni), ma di vita vera. Nel 2011 a Milano sono state ben 92 le minorenni che hanno dato alla luce un bimbo, il 4 per mille. Difficile a credersi, ma ogni 4 giorni, sempre a Milano, c’è una adolescente, stavo scrivendo bambina, che partorisce e quel che non si può immaginare è che non lo fa perché è successo, è capitato, lo fa per scelta.

Cosa significa questo? Che le nostre figlie (sì, perché non si deve pensare che questi dati riguardino solo extra comunitari, il 48% sono proprio figlie nostre), non hanno voluto evitare una gravidanza, anzi qualcuna l’ha cercata. Non credo che occorra scomodare educatori o psicologi per dire che questo fenomeno è frutto dei nostri tempi. Tempi in cui forse queste ragazze sono sole, non capite; alcune vivono in famiglie dove l’amore è precario, dove ci sono disagi sociali economici, forse anche affettivi. Qualcuna emula la propria mamma, a sua volta madre giovanissima, qualcuna scappa da situazioni terribili. Ma non è sempre così; questo avviene anche nelle famiglie cosiddette normali. Tutte queste giovani donne hanno un comune denominatore, cercano la loro realizzazione in questo ruolo maturo, adulto, che vivono con un grande senso di responsabilità. Un ruolo che dà loro una propria identità. A scuola, invece di giochi, trucchi o filarini, raccontano di pappe e biberon. Che si sia accorciata l’infanzia? Quando ho scritto, all’inizio - non so se è bene - intendevo riferirmi a questo. Non stanno queste adolescenti bruciando le tappe? Rinunciando a quello che è più adatto alla leggerezza dei loro pochi anni. Quando sento di tredicenni che portano a termine una gravidanza, pur plaudendo per una vita nuova…. mi sento di dover piangere per loro. È giusto, mi chiedo, che queste piccole, perché piccole vite sono ancora, si facciano carico di tanti sacrifici, responsabilità, problemi, a scapito di quello che sarebbe più normale alla loro età, e cioè spensieratezza, giochi, risate?

A quanto pare il ‘fenomeno’ è importante, poiché stanno venendo in aiuto di queste ragazze istituzioni, enti, gruppi ed esperti che vogliono sostenere economicamente e non solo, ma anche da un punto di vista sanitario, sociale, psicologico, situazioni così precoci e questo fa ben sperare nel futuro delle mamme stesse, ma anche dei loro bambini. Fa ben sperare in vista di una maggiore consapevolezza del loro nuovo ruolo nella vita e nella società.

Ma torniamo al film “17 ragazze”, delle due sorelle registe francesi, le Coulin, cui ho fatto cenno all’inizio, un film che è la storia di 17 sedicenni liceali in una cittadina inglese, dove non succede mai niente, che decidono di rimanere incinte. Tutte insieme, per darsi una mossa, per prendere in mano la loro vita, perché sono annoiate e cercano un amore vero grande assoluto. L’amore di un figlio, appunto. È il loro modo di dimostrare agli adulti che ci sono anche loro, e con la gravidanza vogliono emanciparsi, dimostrare la propria capacità di diventare madre, di mettere al mondo un figlio da crescere e accudire in prima persona. Il film è un inno all'amicizia, ma anche l’occasione di riflettere su argomenti importanti quali l’emancipazione femminile, l’aborto, la sessualità dei giovani. Il racconto è, per un verso, giocoso e sereno, fresco, ma con lo scorrere del tempo la visione arriva a creare ansia, vuoi per il comportamento incosciente delle sedicenni, vuoi per le difficoltà contro cui si infrangono i loro sogni nella vita reale. Certo, è pur sempre solo un film, anche se basato su una storia vera accaduta in America nel 2008. Ma mi domando, non può forse una storia del genere influenzare menti giovani e suggestionabili? Sì, perché ad un certo punto ci si trova anche ad ammirare queste ragazze, che nonostante tutte le traversie portano a termine un grande evento, la maternità. È un film interpretato da ragazze, fatto anche per le ragazze, che però stranamente da noi è vietato ai minori. È giusto così, o, magari proprio loro, le nostre figlie, simili almeno per età alle protagoniste, dovrebbero essere il pubblico privilegiato di questa pellicola, magari vista con un genitore al fianco? E a questo punto perché no anche i maschietti? In fondo se c’è un figlio, vuol dire che anch’essi ci hanno messo del loro…

Giuliana Pedroli


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