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Uniti dalle fobie



Inutile nascondercelo, prima o poi nella vita ne soffriamo o ne abbiamo sofferto tutti, sto parlando delle fobie, che hanno il potere di rovinarci la vita. Hanno i nomi più strani, alcuni forse entrati nell’uso comune e quindi riconoscibili, altri sono davvero sconosciuti. Va bene per l’agorafobia (paura degli spazi aperti), la claustrofobia (degli spazi chiusi), aracnofobia (dei ragni), aerofobia (paura di volare), ma se vi dico koumpounofobia, immaginate che è la paura dei bottoni? O brontofobia che è la paura dei tuoni? E come si chiama la paura delle farfalle, e quella di partorire? Insomma sono almeno un migliaio le fobie di cui l’essere umano, ma forse anche quello animale, può soffrire e le persone coinvolte sono in Italia più di dieci milioni. Siamo in buona compagnia, perché nel gruppo ci può essere il nostro collega, il nostro vicino di casa, ma ci sono anche molte persone famose, colte, della scienza, dello sport o dello spettacolo. Come dire che la fobia non guarda in faccia nessuno. Ma in cosa consiste? Nella paura che proviamo, di fronte alle situazioni più svariate, che la nostra mente crea, perché possiamo difenderci dai pericoli. Fin qui sembra cosa buona; ma spesso le cose degenerano e la paura che proviamo è irrazionale, è paura di qualcosa che in fondo non può farci male, ma che ci impedisce una vita regolare. Va bè, se abbiamo paura degli scarafaggi…. possiamo vivere comunque, ma la paura di prendere un aereo, ai giorni nostri può essere davvero una cosa limitante. Ed allora che fare? Non ci vogliono forse grandi studiosi, per capire che tali ansie vanno affrontate, chi la dura la vince, si dice, no?

Non per presunzione, ma per dare un esempio vi posso parlare della mia paura dei ragni. Ad ogni piccolo esserino a 6 o 8 zampe che incontravo, fin da piccola, cacciavo urla che facevano correre tutti. Cresciuta, la cosa non è cambiata. Riuscivo a non chiudere occhio tutta notte se sapevo che quel ragnetto tanto piccolo era sfuggito alla caccia e si era nascosto chissà dove dietro ad un armadio. Quando è passata? Quando, andando a vivere in campagna, incontravo sul mio cammino ragni e ragnetti, lucertole e topini e se volevo continuare la giornata dovevo armarmi di coraggio ed affrontare la cosa. Dapprima il tentativo di far uscire di casa il ragno, magari con una scopa, un bastone, poi, con buona pace degli animalisti convinti, una bella schiacciata con la ciabatta ed il problema era risolto.

E questo modo empirico è confermato anche dagli esperti: le cose che ci spaventano, perché non diventino problema cronico, vanno affrontate e vinte.

Ma lo sapete che le fobie colpiscono per la maggior parte le donne? E ti pareva, sempre per colpa di quegli ormoni sessuali che abbiamo e che, se da un lato nel corso della vita possono darci tante soddisfazioni, nel momento in cui mettono in atto la loro estrema instabilità, ci creano questi problemi. Spesso sono problemi atavici, l’umano ne soffre da millenni, in altri casi, invece, è la nostra vita che ci suggerisce cose da temere o evitare. Una brutta esperienza, ad esempio, insegna a fuggire da ciò che ci ha nuociuto, ecco quindi che chi ha avuto un incontro ravvicinato ma sgradevole con un gattino, sviluppa una forma di ailurofobia, cioè per i gatti e cercherà di starne lontano. Chi ha ricevuto molte delusioni amorose può sviluppare una forma di filofobia, che è la paura dell’innamoramento e si priva quindi di nuove esperienze. Bisogna quindi riconoscere il nostro problema ed affrontarlo. Da soli, se la limitazione è piccola e banale (magari basta un po’ di coraggio), con un esperto se la situazione è più importante. Tecniche di rilassamento, metodi/esercizi di desensibilizzazione e magari qualche farmaco attualmente allo studio, garantiscono risultati eccellenti.

Per approfondire la tematica, vi consiglio il libro del professor Gianpaolo Perna, neuropsichiatra, Fobie, conoscerle e sconfiggerle per ritrovare la libertà perduta (Piemme). Un libro che, pur non volendosi sostituire ad equipe mediche, può aiutare il soggetto colpito da fobie, informando e, là dove dovesse essere sufficiente, dando consigli pratici per affrontare la difficoltà. Il professor Perna, come suo solito, abbandonando il linguaggio medichese, sa farsi capire anche da tutti noi che non abbiamo preparazione e competenza specifica, con esempi chiari ed allo stesso tempo esaustivi, che ci faranno capire che… non siamo soli.  

 Giuliana Pedroli  

 

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