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SIAMO IL PRIMO O L’ULTIMO ANIMALE SOCIALE?



La nostra società è fondata sull’economia e quindi sul mantenimento della circolazione del denaro nell’ambito di una comunità di consumatori, che in qualche modo devono competere o cooperare fra loro per soddisfare i propri bisogni. Se è vero che la lotta fra individuo ed individuo è caratterizzata da meccanismi selettivi di sopravvivenza in maniera quasi simile a come avviene fra gli animali, bisogna differenziare la visione di Darwin da quella di Spencer e dare a quel “quasi” una connotazione di una certa importanza.

L’uomo è un animale sociale, cioè tende ad organizzarsi in gruppi che instaurano al loro interno meccanismi di adattamento utili a primeggiare rispetto ad altri gruppi, in modo tale che la collaborazione all’interno del gruppo favorisce la competizione con altri gruppi. La coalizione fra partiti politici ne è una prova evidente. In campo economico con il termine cooperazione si indicava principalmente il fenomeno sorto alla metà dell'Ottocento in Inghilterra. Partendo dalle esigenze industriali della società dell’epoca le cooperazioni intendevano promuovere iniziative imprenditoriali a difesa degli associati. Adesso per cooperazione si intende la formazione di gruppi per il mutuo beneficio.

Ci sono prove evidenti dal punto di vista scientifico che la complessità del nostro encefalo progredisce in proporzione alla complessità della vita sociale. Il gioco interattivo e le dimensioni del gruppo sociale sono fondamentali nella prospettiva di migliorare l’attività cognitiva applicativa. “Una percentuale crescente di antropologi sta arrivando alla conclusione che la cooperazione -non la dimensione del cervello o l'uso degli attrezzi, e senza dubbio non l'aggressività- fu l'atteggiamento che caratterizzò i primi esseri umani” (A. Kohn). Il sistema nervoso umano si è sviluppato anatomicamente e fisiologicamente adattandosi all’ambiente sociale, oltre che all’ambiente fisico. 

La teoria dei giochi aiuta a valutare le dinamiche fra i vari individui nel prendere decisioni in base alle decisioni degli altri, facendo intuire come ad un certo punto sopravvenga un equilibrio in grado di comportare la più alta utilità dei diversi giocatori in campo. Esiste quasi sempre un’alternativa potenziale da scegliere per soddisfare le diverse esigenze dei gruppi di una comunità. Allo stesso tempo bisogna considerare quanto tale teoria sia basata su funzioni matematiche, che rispecchiano comportamenti estremamente razionali. Non so se questa teoria possa rispondere alla seguente domanda: prevale nella popolazione umana la tendenza alla cooperazione o piuttosto la tendenza alla competizione? In altri termini, è più conveniente cooperare per raggiungere il miglior risultato politico o bisogna continuare a competere nel tentativo di accaparrarsi il potere, magari inventando modi per ingraziarsi l’opinione pubblica con operazioni di economia spicciola, come è stata l’evidenza delle ultime elezioni politiche?

E’ chiaramente dimostrato come siano fondamentali le relazioni fra le persone nell’ambito del processo decisionale economico: le interazioni ripetute nel tempo da parte dei giocatori in campo porta necessariamente a lavorare insieme per perseguire obiettivi in comune, sempre che questi siano inseriti in un progetto politico finalizzato al miglioramento complessivo delle condizioni economiche del paese. L’uomo nella Storia si caratterizza non solo per le guerre, dove i cicli storici sembrano a volte rincorrersi senza tregua, ma anche per la continua ricerca di gruppi stabili di convivenza. Cos’è che ci spinge ad avere un consenso in quelli che ci circondano? E’ forse perché abbiamo bisogno degli altri? Avviene per empatia o per piacere edonistico?

La ricerca neuroscientifica sui neuroni specchio fortunatamente non si limita ad associare l’indagine neurofisiologica al sentimento di tipo empatico, per altro fenomeno marginale dal punto di vista scientifico, ma sta andando oltre. Il meccanismo di simulazione interna delle azioni svolte da altri (caratteristico dei neuroni specchio) non avviene sempre con la stessa modalità, bensì viene modulato dal giudizio dato all’azione osservata. E’ come se tale simulazione interna al soggetto fosse condizionata dalla bellezza e dal senso di giustizia del gesto osservato, innescando al contempo meccanismi di autopreservazione del gruppo.

L’uomo sembra davvero essere un’animale sociale in evoluzione. Nonostante le apparenze non è solo l’evoluzione tecnologica quella che ci aspetta dietro l’angolo. Appare in maniera sempre più chiara la necessità da parte dell’uomo di progredire anche per quanto riguarda le sue emozioni, la sua capacità di convivere con i propri simili senza per questo dover prevalere su di loro.

Il nostro cervello e le sue relazioni con gli altri organi del nostro corpo si sono affinati nella loro fisiologia come conseguenza di interscambi molecolari fra organi vicini e lontani, senza i quali non sarebbe stata possibile la vita. Allo stesso modo i rapporti fra gruppi sociali vicini e distanti fra loro possono essere migliorati se vogliamo che l’evoluzione umana continui ad esistere, se veramente vogliamo che questa umanità non debba scomparire.

Se un giorno lontano del 4000 d.C. l’umanità dovesse chiedersi cosa è stato fatto 2000 anni prima cosa mai potremmo raccontargli? Forse che ancora non avevamo capito bene cosa significasse democrazia?

Luigi Giannachi - medico e sceneggiatore (Maggio 2018- ©Tutti i diritti riservati)




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