DOCTUS ATQUE PERITUS
Il titolo di “doctus atque peritus” era attribuito dalle neonate istituzioni universitarie in funzione dell’insegnamento ricevuto alle figure riconosciute tali da esercitare una determinata professione. “Doctus atque peritus”, i termini con cui ci si riferisce al “dottore” dal momento in cui diventa necessaria un’istruzione superiore per poter fare il medico, non sono in origine aggettivi utilizzati per riferirsi all’operato del medico, quanto piuttosto definiscono le competenze da avere in campo artistico per poter eccellere. Questo non dovrebbe apparire strano più di tanto per almeno due motivi. In primo luogo il termine “dottore” viene utilizzato anche oggi non solo per i dottori della medicina, ma per un laureato di qualsivoglia disciplina. In secondo luogo la medicina fin dalle sue origini risulta imparentata più con le discipline artistico-umanistiche che non con quelle tecnico-scientifiche. Se per il giovane Leon Battista Alberti (De commodis litterarum atque incommodis, 1432) “doctus” designa il letterato capace di pervenire alla “cognizione della cose più sublimi e meravigliose” con una vita dedita allo studio, negli scritti della sua tarda età (De iciarchia, 1470) “esperto” e “dotto” diventano sinonimi per indicare chi aveva esperienza in una pratica specifica, “esperti e dotti in quella cosa qual tu tratti”. Per l’Alberti le dottrine “sono in prima necessarie”, ma devono essere poi accompagnate dall’esperienza acquisita con l’esercizio ripetuto. “Fugge gl’ingegni non periti quella idea delle bellezze, quale i bene esercitatissimi appena discernono”: l’idea della bellezza, modalità non immediatamente rappresentativa del concetto di bellezza, sfugge sia a coloro che imparano empiricamente facendo molto esercizio (“i bene esercitatissimi”) senza una base culturale, sia a coloro dotati di ingegno ma con poco esercizio pratico (“gl’ingegni non periti”).[1] Nel romanzo allegorico Momus sive de principe Alberti contrappone allla figura del filosofo, tutto preso dalle sue ricerche sul cielo, il personaggio del pittore, che risulta invece un acuto osservatore delle “forme del corpo”. L’artista si avvicina di più alla verità se non dimentica di fornire una preparazione culturale alla sua “perizia”, così come il “dotto” può giungere ad un risultato analogo solo se non tralascia di mettere in pratica il suo sapere. Il dibattito fra sapere empirico e riflessione teorica è presente nella tradizione antica fin da Aristotele. Nell’apertura della Metafisica egli afferma che “scienza ed arte derivano agli uomini dall’esperienza”. Aristotele era figlio di un medico, sapeva bene come per curare gli individui non serva a niente conoscere l’universale, è sufficiente conoscere i particolari e farsi guidare dall’esperienza: “se dunque si possiede la scienza ma non l’esperienza e si conosce l’universale ma se ne ignorano i particolari, spesso si sbaglierà la cura” e aggiunge una frase fondamentale per la medicina nell’approfondire questo concetto filosofico “ciò che si cura è l’individuo”. Il medico con la sua esperienza pratica deve risolvere un problema particolare proprio di quell’individuo, in spirito carne e ossa, non può confondersi con i principi del mondo nel momento in cui sta svolgendo l’applicazione dell’arte medica. Nel curare il singolo individuo egli è il più umile degli artigiani. “Distintivo dell’uomo che sa è la capacità di insegnare e perciò riteniamo che abbia più natura di sapere scientifico l’arte che l’esperienza” E’ solo nel valutare complessivamente un numero più o meno grande di persone che si possono adottare metodi statistici, fare ipotesi su una certa patologia o seguire una logica di comportamento per l’avvenire: è nella trasmissione della conoscenza acquisita, nell’atto dell’insegnamento, che il medico assurge a conoscenza scientifica, che l’artigiano diventa artista. “L’artista è un’artigiano ispirato” diceva W. Gropius, aggiungendo “in rari momenti di ispirazione, momenti che superano il controllo della sua stessa volontà, un particolare stato di grazia può far sì che il suo lavoro si trasformi in arte. La competenza professionale nel suo mestiere è essenziale al vero artista. Là risiede una sorgente di immaginazione creativa”. L’arte intesa come capacità superiore di vedere le cose da un punto di vista razionale, oltre la manualità empirica, per quanto questa sia indispensabile nel conoscere il particolare, senza il quale si rischia di sbagliare perfino una semplice terapia. Secondo Aristotele gli empirici conoscono “che cosa” avviene, ma ne ignorano il “perché” ed aggiunge di considerare “più saggi” quelli che conoscono il perchè “non per il fatto che siano in grado di fare, ma perché in possesso di un sapere concettuale e perché conoscono le cause”[2]. Vitruvio affermava la necessità di conciliare l’attività pratica (fabrica) alla riflessione teorica (ratiocinatio) per diventare un buon architetto. Leonardo da Vinci “omo sanza lettere”, ma appassionato studioso delle meraviglie del corpo umano e delle capacità dell’uomo di costruire macchinari grandiosi, viene a conoscenza dell’opera in latino del Vitruvio grazie alla traduzione che ne fa un architetto senese, Francesco di Giorgio Martini, e rimane affascinato dalle proporzioni dell’anatomia umana. L’uomo e l’universo sono in armonia fra loro secondo un paradigma geometrico che Leonardo rielabora a modo suo facendone un’opera anatomica ed architettonica allo stesso tempo. “Studia prima la scienza e poi seguita la pratica nata da essa scienza”. La pratica suprema del saper vedere a lui cara gli permette di andare al di là del semplice vedere, di “andare alla natura” e poi riproporla in maniera originale eppur consona all’armonia universale. Per Leonardo arte e scienza erano inseparabili, due modi paralleli e simultanei di vedere la stessa cosa completandosi a vicenda: “quelli che si innamoran di pratica sanza scientia son come ‘l nocchiere che entra navilio sanza timone o bussola, che mai à certezza dove si vada”. Note al testo: (1) L.B. Alberti, De Pictura, III, 56, p. 96 (2) Aristotele, Metafisica, I, 1 981a-b
Luigi Giannachi socio fondatore dell'associazione culturale L'accento di Socrate
Condividi i tuoi commenti con noiGRUPPO DI DISCUSSIONE SU FACEBOOK: CLICCA L'ACCENTO DI SOCRATE |
|
L'accento di Socrate |