CHI SIAMO

ARCHIVIO

REDAZIONE/CONTATTI/COLLABORA



Le dimensioni dell’esistenza

 

Un italiano che vive in Sud America ci racconta la sua esperienza ricca di ironia, metafora e di un certo desiderio di lasciare una testimonianza del proprio percorso. Il racconto è un viaggio tra i tre elementi, dalla terra al cielo passando per il mare e poi il ritorno sulla terraferma, mentre il quarto elemento di empedoclea memoria, il fuoco, si manifesta in silenzio come la passione per la ricerca di nuove esperienze appassionanti. Ora la parola a El Gauchio.

Clicca per vedere le immagini degli ambienti descritti

Vivo all'estero però seguo molto le cose italiane. Mi sono incuriosito a L’accento di Socrate, trovato casualmente mentre cercavo di capire chi è Vito Mancuso, perché avevo capito che di filosofia non so nulla e non c'è cosa che mi fa stizzire di più quando scopro le mie lacune, forse meglio chiamarle lagune, e quello che è peggio, se mi spiegano cosa è la filosofia, continuo a non capire molto. Un noto comico veronese dice che se continui a spiegare a chi non capisce nulla del fatto che non capisce nulla forse hai dei problemi che devi capire. In fondo colui che vuole spiegare le cose sono io, perciò è una battaglia intestina.

Nell'era jurassica facevo il motorista a bordo di aerei con motori a pistoni, li chiamavano stellari, anche se per dire il vero erano più infernali che altro. Ricordo il periodo su un quadrimotore, era un Constellation, sempre di stelle parliamo, quando, tolto dall'attività di linea e destinato al cargo, non c'era verso di atterrare con gli stessi motori di quando si era decollati, infatti lo chiamavamo il trimotore più valido in attività operativa, aveva sempre un motore di scorta spento. Con l'avvento dei jet il motorista è andato sparendo come gli aerei stessi, rottamati. Prima della rottamazione mi è venuta l'idea di imbarcarmi, navi da carico, niente love boats. L'ufficiale di macchina ha capito subito che ero appassionato di motori e mi ha raccomandato presso l'armatore. Per farla breve nel giro di un po' di tempo ho incominciato come ingrassatore: no, non lavoravo più in cucina bensì in sala macchine dove c'era da ingrassare di tutto. Nel tempo sono diventato ufficiale di macchina ed ho continuato fino al limite di età. Dopo tanti mari non potevo scegliere che la terra. Il mio italiano è diventato quello dell'emigrato, fuori moda, con errori e mischiato con lo spagnolo. Con mia moglie parliamo uno dei due idiomi, a seconda dell'umore e del livello alcolico e quando non ci viene una parola usiamo quella dell'altro idioma.

Dopo questa premessa non so come spiegare, forse per provocazione, che mi piacerebbe compartire con un sito di filosofia le mie esperienze terrene, ma veramente di terra immancabilmente cosparsa di torte delle mucche (boaze in trentino), forse perché mi illudo che rappresentino l'essenza della vita, perlomeno di quella che ho scelto. Devo fare qualche esempio molto campestre per introdurre le svariate tematiche della vita nel campo. Una delle mie vacche, sono allevatore di Aberdeen Angus, di carattere selvatico, non avvicinabile, scontrosa, quando si è impestata di miasi (le larve depositate dalle mosche nelle ferite che poi diventano bigattini) ha scelto di accettare la vicinanza dell'uomo, ed è venuta a farsi curare. Il veterinario non poteva credere che avevamo recuperato un animale tanto compromesso nella salute e, credo, che non avesse capito quanto l'animale avesse infine riposto fiducia in noi. E mi è successo anche con qualche capra primipara, intrattabile, ma appena le si bloccava il capretto a mezza strada durante il parto, urla strazianti alle quattro di mattina, e incredibile ti avvicini e non scappa, aspetta che l'aiuti, poi è tutto un lavoro di cordoni da disinfettare e annodare, vecchi asciugamani per togliere il bagnato e la bava che avvolgono il capretto/i e spesso sono due, vedere se prendono il capezzolo mentre la madre si tranquillizza con qualche belato residuo e poi comincia a leccarsi i figli; infine tornata nel pieno del ruolo si mangia la placenta. Lo so è fantaveterinaria per gli allevatori stile gaucho sudamericani dove vale il principio della selezione naturale, ma io e mia moglie vediamo, forse constatiamo, come si costruisce il rapporto tra umani e animali, forse è per quello che tra noi ci si capisce, e ce lo raccontiamo segretamente, quasi avessimo il timore di essere fraintesi, già sappiamo che siamo los italianos locos. Tornando alla mucca, dopo un breve periodo di trattamento farmaceutico topico e subcutaneo, che le ha permesso di rimanere in vita e di guarire, questa bellissima bestia ha dato alla luce un sanissimo vitellino pieno di energia che salta e corre come una lepre e ciuccia come un assatanato i capezzoli della madre (a volte anche di altre) sempre col muso bianco di latte, è un’esplosione di vitalità e di gioia di vivere.

Di esempi campestri potrei annoiare un pueblo. I Seriema cariama cristata chiamati correcamino parchè velocissimi nella corsa anche se possono volare, sono uccelli di taglia media, una gallina più o meno, dalle gambe lunghe, tipo il Bipbip dei cartoni animati, quando anni addietro passavano nel campo dove viviamo erano inavvicinabili. Ora sono di una sfacciataggine impensabile, ce li abbiamo fra i piedi mentre diamo le razioni al bestiame, ovviamente per mangiarsi le razioni. Altro esempio. Le puzzole che abbondano vicino alla nostra casa, a volte ci attaccano determinate, nel senso che ci corrono incontro in duplice filare, però è una sceneggiata territoriale verso noi umani e i nostri cani, e tutti scappiamo, scappiamo per davvero e mentre corriamo ci viene anche da ridere, anche la nostra è una sceneggiata. Una volta, mo basta: mi sono fermato ad affrontare la “capessa”, lei mi si è parata davanti, per fortuna, con la parte anteriore, una faccia da sberle e di una simpatia che non dico, ha cominciato a vibrare tutta per mostrare la sua seccatura, la voglia di dire: “Io conto qualcosa, rispettami”, e poi tranquilla se ne è andata nei suoi alloggi. Un giorno ne ho trovata una che dormiva acciambellata sotto il trattore, non so perché ma mi è venuta voglia di accarezzarla tra le orecchie, che poi sarebbe sulla testa, e toccare quel pelo morbido e nero. Ha aperto pigramente gli occhi, mi ha fissato, si è alzata, si è sgrullata energicamente, mi ha girato le spalle, aiuto! E se ne è andata dignitosamente. Poi ho saputo che le puzzole sarebbero delle mascotte perfette, bisogna trovare il modo di conquistarle, credo di esserci vicino: italian lover all'ultima spiaggia.

Avrei dovuto dire che vivo in Uruguay, dopo aver girato il mondo per lavoro, ed è stato casualmente che sono finito qui, perché la nave dove ero imbarcato si ruppe nel Mar del Plata e mi sbarcarono in questa terra sconosciuta piena di vacche, pecore, cavalli, pochi umani. Certo non noi. E ci siamo rimasti.

 El gaucho (pseudonimo dell'autore del testo)

 Giugno 2015 © Riproduzione riservata


Condividi i tuoi commenti con noi

PAGINA DI DISCUSSIONE SU FACEBOOK: CLICCA "Mi piace" su L'ACCENTO DI SOCRATE



Torna indietro

L'accento di Socrate