L'inconsistenza della società e il non-essere che diviene essere (è arrivata l’ora di riscrivere Parmenide e la filosofia?) Nel VI - V sec. A.C., Parmenide da Elea diceva: “l’essere è e non può non-essere. Il non-essere non è e non può essere ”. Semplificando: se A è l’essere unico e se B non è A, allora B è il non-essere. Seguendo questo ragionamento, se A si trasforma in B non è più essere ma diventa non-essere e, pertanto, risulta implicitamente negato anche un possibile divenire. Secondo Parmenide, quindi, esiste un essere che è bello, perfetto, eterno e uguale a se stesso. Un essere che é e che non può mutare in altro senza trasformarsi in non-essere. Tutto sembra avere un senso, logicamente e moralmente corretto ma, se esaminiamo la nostra odierna società, tutto cambia. Crollati tutti i princìpi, morti tutti i miti, nulla di quello che ci circonda - sia esso un bene materiale o immateriale - è eterno, immutabile e uguale a se stesso. Tutto – dietro la spinta delle mode, sotto la pressione del mercato e dell’economia, trainato dal capitalismo, dai media e dalle tendenze del momento - è destinato a mutare. Ed ecco che il non-essere, influenzato dai suddetti fattori - che per convenzione inizieremo a chiamare Forza X -, si trasforma in essere per poi ritrasformarsi, sempre a causa della Forza X, ancora una volta in non-essere. Ovviamente, questo non-essere che diventa essere, non è certo un qualcosa che esiste, pertanto non lo possiamo neanche intendere come il “divenire”, come “ il tutto scorre ” di Eraclito. Il quale si riferiva alla realtà, a un qualcosa di reale e esistente, che, pur mutando, continuava comunque a essere reale e quindi a esistere. Un esempio per chiarire il tutto potrebbe essere proprio quello delle mode. Immaginiamo un determinato indumento che, sotto la spinta della Forza x, diventa di tendenza. Beh, è facile intuire come questa tendenza del momento, proprio perché mutevole, temporanea e mai uguale a se stessa, è non-essere. Eppure, chi l’abbraccia e la segue, pur non esistendo come singolo ma solo come numero uniformato ai tanti dalla Forza x, finisce per sentirsi parte del tutto, finisce per essere “di tendenza”. Anzi, diventa l’essere. Poi, quando la Forza x, per ovvie ragioni economiche, si esaurisce e dirotta la sua attenzione su altro, l’essere diventa “vecchio” e, non per suo volere perché in realtà questo essere non esiste e quindi non può essere dotato di libero arbitrio, si ritrasforma in non-esser, in attesa che la Forza x compia un nuovo miracolo, trasformando un altro non-essere in essere. Ecco che, volendo provare a riscrivere Parmenide, si potrebbe tranquillamente enunciare una nuova formula che suonerebbe, più o meno, così: Il “non-essere”, esposto alla Forza X, diviene “essere” inesistente che, sempre sotto l’azione della Forza x e dopo un Tempo indeterminato y, ritorna a essere “non-essere”. Certo, tutto ha meno senso di prima, ma, purtroppo, questo è quanto. E mi raccomando, ora non soffermiamoci a riflettere troppo su quanto appena detto, altrimenti potremmo essere pervasi dalla malsana voglia di chiamarci fuori dal sistema non-essere/essere e, così facendo, saremmo costretti a rivedere anche il “cogito ergo sum” del buon Cartesio. Perché è chiaro, la “Forza x”, che nel frattempo sta meditando il golpe a Dio, impone anche un’altra regola: chi pensa, pur esistendo, non è e non deve essere. Zairo Ferrante, 14 – Agosto – 2001
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