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In Africa: col cuore e nel cuore


Sono stata in Africa con mio marito per un lungo mese, precisamente in Zambia e in Malawi, due stati molto poveri dell’Africa centro-meridionale; è stato un viaggio emozionante, ricco di nuove esperienze ma ho visto troppe persone povere, al di sotto della soglia della povertà, della decenza, della possibilità di vivere. Bambini, donne, ragazzi e uomini a piedi scalzi su quel terreno sabbioso, sassoso, arido, pieno di spine, rami secchi, residui di piante del cotone rimaste là sul terreno. Mi ha lasciata molto perplessa la visione dei boschi con tante piante bruciate per far legna da ardere, spesso raccolgono i pezzi in sacchi che trasportano sulle loro biciclette sgangherate lungo quelle strade impercorribili. I più “ricchi” hanno ai piedi delle ciabatte spesso rotte e consunte. L'Africa che fan vedere in televisione nei documentari mi è sembrata così lontana. Altro che tramonti con l'elefante o la luna o il leone sullo sfondo: quella è l'Africa dei ricchi! Noi abbiamo visto l'Africa delle povera gente, l'Africa che non si muove, che fa fatica a sopravvivere. L'Africa che aspetta gli aiuti umanitari dalla ricca America o dalla ricca Europa. L'Africa che non emerge, che aspetta il progresso. È più facile mantenere un popolo ignorante povero e misero che farlo progredire, costa meno mi son detta. Ma poi siamo sicuri che il progresso, quello che abbiamo ora noi, possa sempre far bene?! Laggiù ho visto il progresso nei cellulari in mano a tutti, anche ai più poveri o durante le funzioni in chiesa, quando mi è capitato di entrarci.

Abbiamo assistito ad un matrimonio, c'erano le damigelle con in mano i fiori e il cellulare che faceva da “contorno”. Lo sposo che appena prima dell'inizio della cerimonia ha tirato fuori dal taschino il suo cellulare per consegnarlo a un suo “testimone”. Certo, avrebbe fatto fatica a spegnerlo prima di uscire di casa o lasciarlo a casa direttamente! Ho visto il progresso nei mille sacchetti di plastica strappati che adornavano tutte le strade di tutti i villaggi e delle città, sacchetti volanti ad ogni soffio di vento, sacchetti bruciati insieme a bottiglie di plastica, lattine di metallo, cartoni; mucchi di immondizia bruciata ad ogni angolo di strada, dietro ad ogni casa, mucchi di immondizia dove giocavano i bambini, dove le capre e i polli o i maiali o chissà quale altra bestia ci sguazzava. Ho visto il progresso nelle decine di vecchie autovetture che intasavano le città che abbiamo visitato. Ho visto il progresso nei i grossi camion correre per quelle strade sterrate impraticabili e pericolose, carichi, stracarichi di sacchi di cotone  presi nei vari villaggi, acquistati per pochi centesimi dai contadini che lo raccolgono a mano con grande fatica. E portati alle fabbriche dove poi i ricchi commercianti guadagnano molto di più. Il nuovo schiavismo legalizzato, mi son ho detta.

Ma  c'è anche un altro tipo di  progresso: quello dell'istruzione. Ogni villaggio, ogni comprensorio, ha la propria scuola; tutti i bambini, o quasi, vanno a scuola, facendo magari 10 km a piedi per andare e altrettanti per tornare. -Quanti bambini ci sono  in media in una scuola- ho chiesto più di una volta. -Più di mille- mi han riposto. Milleduecento ce ne sono in un poverissimo villaggio ai confini del mondo, con quattordici insegnanti- Facciamo i conti di quanti bambini ha un insegnante in classe: se va bene, l'insegnante c'è e ti fa imparare a leggere e scrivere, ti dà un'infarinatura di matematica, scienze, storia e geografia, allora sei  fortunato; se invece l'insegnate è disonesta è molto probabile che spedisca i bambini a coltivare e arare il proprio orto, o a far raccogliere il cotone, rigorosamente a mano e gratis. Già a mano, là non usano nemmeno le mucche per trainare l'aratro: la mucca è un bene prezioso e non deve stancarsi o ammalarsi, un domani se fosse necessario si può vendere per un probabile guadagno. È come avere un deposito in banca, mi han detto, e non si tocca fino a quando diventa necessario. E poi le donne e gli uomini. Le donne con i loro grandi ed enormi pesi sulla testa, i bambini attaccati alla schiena e magari altri due mocciosi che le seguono. Che vanno a lavare i panni o i piatti o i bambini al fiume. Che governano la casa e se son fortunate hanno anche un orto da curare. Gli uomini, se hanno un lavoro li vedi ai bordi delle strade con la loro piccola bottega di fabbro, falegname, riparatore di biciclette o gommista; li puoi vedere costruire le loro case dopo aver assemblato i mattoni col fango e fatti cuocere alla fornace costruita sul posto e al momento. Li puoi vedere vendere i prodotti agricoli od ogni sorta di oggetti e se non hanno nulla da fare se ne stanno sotto un albero a chiacchierare. E tanto, tanto, altro c'è in quel pezzetto d'Africa, in quei forse 4000 5000 km che abbiamo percorso. Gina Di Dato











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