La scuola è davvero cambiata?
Negli ultimi anni sono uscite fior fiore di ordinanze e circolari ministeriali, che, unite a riforme più o meno ampie e radicali del sistema scolastico nazionale, portano ad affermare con decisione che la scuola italiana è andata incontro a grossi mutamenti. C'è stato un riordino nei primi anni del 2000 e man mano si sono succedute varie indicazioni nazionali riguardanti tutti gli ordini e gradi di scuola. Nel 2019 è poi uscita la legge 92, che ha sottolineato l'importanza dell'insegnamento di educazione civica in tutte le scuole e per tutte le età, puntando soprattutto sulla cittadinanza attiva e responsabile e sulla sostenibilità delle scelte che possano avere una ricaduta positiva sull'ambiente, nel senso più ampio del termine. Più volte sono state riviste alcune delle linee guida e inoltre si è cercato di rendere gli istituti professionali e tecnici sempre più vicini al territorio, sia con le sue richieste che con le sue opportunità. Sono stati sperimentati nuovi indirizzi di studio e la didattica digitale si è inserita sempre più nel quotidiano dell'istruzione e dell'educazione, ricevendo un particolare sprint nel periodo della DaD legata alla pandemia da Covid-19. L'irruzione sempre più prepotente dell'intelligenza artificiale sta ulteriormente contribuendo a rinnovare il volto del mondo scolastico. Eppure, nonostante tutti questi cambiamenti, che in parte si possono definire rivoluzionari, mi chiedo quanto la scuola nella sua sostanza sia davvero cambiata. Al di là dei contenuti e delle modalità, è giusto domandarsi cosa davvero rende significativo un rapporto di insegnamento/apprendimento. Ci ho pensato molto in questo periodo e la risposta certamente non è univoca. Ciò che risalta prontamente è il fatto che ciò che rende significativo un rapporto è il rapporto stesso ovvero la qualità della relazione. Nonostante in apparenza sia cambiato tutto, e non solo negli aspetti burocratici ma anche nella effettiva prassi quotidiana, quello che contribuisce a creare un clima favorevole è sempre il tipo di comunicazione che si stabilisce tra le varie componenti del gruppo classe e la modalità di conduzione dello stesso. Soltanto una comunicazione aperta, circolare, rispettosa, rappresenta le basi di quella che poi in ultima analisi diventa una comunicazione funzionale. È vero, gli insegnanti di oggi si ritrovano a dover gestire ragazzi molto diversi di quelli di venti o trent'anni anni fa, ragazzi che non solo sono nativi digitali, ma che stanno soprattutto crescendo con delle scale valoriali diverse, spesso molto discostate da quelle delle generazioni precedenti. Però, al di là della facciata, i bisogni primari, tra cui quello di riconoscimento, di stima e di approvazione, rimangono comunque basilari. Per cui, anche se è cambiato il sistema di reclutamento dei docenti e degli educatori e se si sono moltiplicate le competenze loro richieste per poter aspirare a ricoprire un ruolo così importante e delicato nella crescita dei ragazzi, quello che davvero conta è il modo di essere, al di là del sapere e del saper fare. Nella reciprocità dei ruoli e delle relazioni, sono profondamente convinta che laddove i ragazzi, anche quelli più difficili, problematici o più fragili, mettono in discussione i nostri capisaldi e i nostri valori, se incontrano un'accoglienza vera e un’inclusività reale, possono accettare di essere guidati. Non esiste un solo ragazzo o ragazza ingestibile o non scolarizzato/a o una classe impossibile. Se si è in grado di scardinare gli schemi più rigidi, tutte le classi possono funzionare e tutte le diversità possono essere accolte e valorizzate. Ciò che conta è sapersi mettere in gioco e in discussione sempre e nutrire il desiderio di rinnovamento, che non è soltanto quello legato alla partecipazione a corsi di formazione e convegni. Si tratta di qualcosa di più profondo che riguarda il modo di esserci e di porsi. Qualcosa che non è dato una volta e per tutte ma su cui bisogna lavorare dinamicamente con cura e passione.
Eleonora Castellano, docente e psicologa (Ottobre2024 - Tutti i diritti riservati©)
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L'accento di Socrate |