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Intervento durante l'incontro

Il bello è una cura



La bellezza è dentro di noi e l'arte, in tutte le sue forme, è un modo per tirarla fuori e condividerla. Io ci provo, da sempre, con le parole.

Dal mio romanzo "Elisir", Rupe Mutevole Edizioni:

"Caro Diario, oggi ti chiedo un favore speciale: il piacere di rendermi libera. Fammi slegare la mano e concedimi quel raro lusso che si chiama delirio. Me lo devi, dopo anni in cui ho scritto tenendo la riga e badando a che le sbavature non sporcassero il foglio e non infrangessero i margini. Pensaci bene, caro Diario. In cosa mi sono profusa, tutto sommato? Pensaci! Educatamente impegnata a occultare errori e cancellature, ho di fatto versato fiumi d'inchiostro per rendere omaggio agli eventi più insulsi. E nel tragico - e patetico - tentativo di incorniciare in schemi comprensibili le mie assurde paturnie, ho in verità seppellito la mia vera me stessa. Convinta di svelarmi, ho invece stemperato in parole composte emozioni ignobili, rese stantie dal collasso di ogni gioia e, nel migliore dei casi, dal trionfo di una noia inenarrabile. Concedimi di straparlare, per una volta, una volta soltanto. Se ci pensi, la scrittura non è un mestiere, non è un contratto. È un esigenza. Solo scrivendo ci rendiamo conto dei retropensieri, delle falle, delle lacune del nostro vivere. Tutti, ma proprio tutti, dovremmo scrivere qualcosa ogni giorno, perché solo mettendo nero su bianco riordiniamo le nostre parti spaiate e cominciamo a riappropriarci di noi stessi. È una scoperta incessante, inesauribile. Una compagna di vita."

Aggiungo che la bellezza ci riconnette con la nostra parte più intima, antica, ancestrale, con la natura. Perché è essa stessa Natura.

Sempre dal mio Elisir, vi porgo questa pagina da cui si evince quanto le emozioni della protagonista siano profondamente intrecciate con il ciclo naturale giorno/notte:

"Al volgere del giorno, ieri sera, quando la luce lenta cedeva il passo, le ombre si sfrangiavano sulle colline e si accendevano le dimore di ignote sfumature. Parole nel silenzio si rincorrevano pudiche e accennavano tra i vicoli lievi intimità. Ne provavo quasi invidia. Camminavo e i passi scandivano il tempo delle mie emozioni, mentre l'eco della sua voce rimbalzava dalle rocce agli arbusti, dal mare ai fichi d'india, dalla terra al cielo. E sognavo. Tra fughe di memoria e fucine di orizzonti, danzavo inquieta tra le righe della notte e, nel tramonto della luna, in fantasia diventavo stuporosa ballerina. All'alba passeggiavo ancora sul lungomare. L'acqua lambiva i fianchi grezzi della terra, la modellava nelle sue forme granulose. E cancellava le tracce. Del dolore. Dell'assenza, della memoria. E dunque, caro Diario, pensavo e mi ripetevo come un mantra: respiro quest'acqua, questo cielo, questa aurora di dirompente bellezza, in cui è lieve annegare la mia solitudine."



Eleonora Castellano, docente e psicologa

(Aprile 2023 - Tutti i diritti riservati©)


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