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Cosa è la felicità?


Quali sono gli ingredienti che possono contribuire a renderci felici? Cosa possiamo fare per creare noi stessi condizioni fertili per la felicità? Sono questioni intrinseche al vivere umano, praticamente dalla notte dei tempi. Questioni su cui si sono arrovellati pensatori di ogni estrazione, ma anche le persone comuni, che prima o poi non possono esimersi dal chiedersi se la direzione data alla propria esistenza conduca al benessere, nel senso più ampio possibile.
Su questi temi ci siamo interrogati qualche giorno fa i partecipanti a un corso di formazione. Alla domanda iniziale, ho risposto d'istinto così:
"Felicità è riuscire a migliorare se stessi, nelle situazioni della vita quotidiana come in quelle eccezionali e più intricate. Felicità è sentirsi bene e sapere che si sta contribuendo a quella degli altri. Felicità è anche saper affrontare le difficoltà e sofferenze e poter tornare a nuotare nel grande mare della vita."
È evidente che il mio pensiero sia fortemente condizionato dal mio vissuto, ma anche dalle riflessioni scaturite dalla mia formazione personale e professionale.
Se facciamo un salto nel passato, non possiamo non incontrare Aristotele.
La felicità, sosteneva, consiste nel realizzare la propria natura e, poiché l'essenza dell'uomo sono la ragione e la virtù, egli potrà essere felice solo se razionale e virtuoso, cioè saggio. Parrebbe, dunque, che il pensiero di Aristotele si focalizzi sull'aspetto razionalistico della questione, dimenticando affettività ed emozioni. Questo non è del tutto vero, però. Perché la felicità, per Aristotele, dipende di fatto dalla conquista di una forza di carattere e una morale basata sulle virtù del coraggio, della generosità, della giustizia, dell'amicizia e della responsabilità civile.
A questo proposito, interessante anche il pensiero di Platone, secondo il quale la felicità del singolo individuo risiede nell'armonia dello Stato, in quanto consiste nella giustizia che si può raggiungere solo se ognuno svolge il proprio compito. Adempiendo ai propri doveri, il cittadino è soddisfatto e può così essere felice. Mi viene in mente ciò che è accaduto in Italia proprio in questi giorni. L'elezione del Presidente della Repubblica ha messo in luce le divisioni, l'incomunicabilità tra le parti, la disarmonia. E allora giunge come un balsamo il discorso di Sergio Mattarella, che ammette di rendersi conto di dover mettere da parte le proprie esigenze personali per il bene e la stabilità del Paese. Di certo, sarà impegnativo portare avanti un altro settennato e non tutti saranno contenti di questa scelta. Da ammirare, tuttavia, e da prendere come modello questo senso del dovere e l'assunzione di responsabilità, che rende felici nella misura in cui ci si rende conto di fare la cosa giusta, per sé e per gli altri.
Gli ultimi anni pandemici, tra l'altro, ci hanno continuamente ricordato che siamo tutti connessi e il nostro bene non può essere slegato da quello degli altri.
Come diceva anche Socrate, la felicità non è separabile dal bene, e in particolare da ciò che è buono per l'anima.
A fronte di autori che da sempre hanno sottolineato gli aspetti virtuosi del vivere felice, è anche vero che nell'ultimo secolo si sono avvicendate posizioni molto caute, che hanno evidenziato l'impossibilità di una vera felicità, e per uno scarto tra le pulsioni più profonde e l'esame di realtà, e per il disagio ineliminabile della civiltà.
Cosa fare, dunque? Arrendersi?
Tornando per un attimo al passato, ricordiamo Seneca, il quale sosteneva che la felicità consiste nell'avere spirito libero e fiero, intrepido e costante, lontano dal timore e dal desiderio. La serenità, la quiete, cioè, sono date dall'indifferenza dinnanzi alla sorte.
Aggiungerei che non esistono, in definitiva, ricette di felicità, ma la vita è troppo breve per sprecarla e per non tentare di donarle un senso.
E allora sta alla responsabilità di ciascuno di noi evitare di ristagnare nella passività e nella costante lamentela distruttiva, e impegnarsi a costruire occasioni di vita felice e gratificante, nella vita privata come in quella sociale e pubblica.
Il risultato non è garantito.
Ma val la pena provarci.
La vera felicità consiste nella sua ricerca, nel cammino verso di essa.

Eleonora Castellano, psicologa, docente e scrittrice

(Febbraio 2022 - Tutti i diritti riservati©)


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