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Recensione a La ragazza del treno


Volevo resistere alla tentazione della lettura di massa; storcevo il naso tutte le volte che lo vedevo in mano a qualcuno, al supermercato, in spiaggia, in tram, sulla metro, sul treno, in ospedale e dal parrucchiere. Volevo distinguermi e dimostrare a me stessa di sapermi tirar fuori dal gusto collettivo predominante. Volevo non farmi abbindolare dalla targhetta "bestseller". Volevo tutte queste cose. Ma alla fine non ce l'ho fatta. E così, spinta da malcelata curiosità, ho ceduto. Sono andata in libreria e ho acquistato il libro dell'anno (2015, ndr). Quale? "La ragazza del treno", ovviamente, romanzo d'esordio di Paula Hawkins, in Italia edito da Piemme Edizioni. Devo ammettere che le mie resistenze non erano dovute solo a snobismo verso il fenomeno. Il giallo e il thriller non rientrano nei miei generi preferiti. Chi mi conosce sa che amo le letture romance, con sfondo psicologico o filosofico. Quei libri che raccontano della vita vera, che mostrano i drammi reali delle persone e che inducono a riflettere. Ecco, appunto. Dopo aver letto alcune recensioni, non tutte positive, ho intuito che questo libro poteva interessarmi, nonostante a rigore non combaciasse esattamente con i miei gusti letterari. La lettura che ho poi fatto del romanzo mi ha confermato questa impressione. "La ragazza del treno" è un libro parecchio psicologico, che scava nella mente dei suoi protagonisti, tutti apparentemente normali; tutti disadattati e tristi e infelici, in realtà. La protagonista assoluta è Rachel, che ogni mattina, andando al suo finto lavoro a Londra col treno delle 8:04, spia dal finestrino una coppia che fa colazione in veranda. Una coppia come tante altre, una coppia che pare perfetta. Un giorno, la donna della coppia scompare e Rachel collega questa sparizione a quello che ha visto il giorno prima. Tutte le sue certezze crollano; la fede in una possibile vita più lieta della propria si sgretola in mille pezzi. Rachel è costantemente ubriaca, confusa, depressa. Ma sente che non può tacere, non può far finta di nulla. Da quel momento la sua vita s'intreccerà inestricabilmente con quella della coppia e cambierà per sempre. Lo stile di scrittura è molto semplice, nulla di particolarmente indimenticabile (un po' come tutti i bestseller dei tempi moderni, che vengono letti da milioni di persone, molte delle quali non gradirebbero un'opera di alta letteratura). Però è efficace nel suo essere diretto, incalzante, ricco di ribaltamenti e colpi di scena. Interessante l'espediente del diario in prima persona: Rachel scrive la storia dal suo punto di vista, e i suoi capitoli si alternano con le pagine di diario delle altre due donne principali del libro, ovvero di Megan, la donna scomparsa, e di Anna, la nuova moglie del suo ex marito. Tre prospettive, quindi, che si sovrappongono e che, scandagliando passato e presente, ci precipitano nei meandri della mente umana, in cui il dolore, la violenza, il rimorso sono pericolosamente vicini alla speranza e al desiderio di vivere. La guarigione di Rachel non sarà né semplice né scontata, ma, solo attraversando il dramma del male ed elaborando tutte le angosce ad esso collegate, potrà mettersi in moto. Un libro su cui ho messo da parte i pregiudizi, dunque, e che consiglio di leggere anche a chi non ama i gialli. Perché parla di alcuni tra i più diffusi fantasmi della vita interiore di ciascuno e della possibilità, non sempre remota, di redenzione.


Eleonora Castellano, docente e psicologa.


(Febbraio 2016 - Tutti i diritti riservati©) www.eleonoracastellano.com 


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