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Salotto filosofico: l'amicizia.

Lettura del testo De amicitia di Cicerone

L’argomento su cui ci siamo soffermati al salotto filosofico del mese di Gennaio è quello dell’amicizia. Con la guida della filosofa Maria Giovanna Farina e prendendo spunto dalle riflessioni che abbiamo maturato nel corso della lettura dell’opera di Cicerone, “De amicitia”, ci siamo confrontati su un tema che ci sta molto a cuore.

La filosofa ha esordito proponendoci la definizione di Freud, secondo il quale l’amicizia è un amore inibito nella meta, ovvero monco dell’aspetto sessuale. Ci siamo trovati d’accordo nel ritenere che l’amore e l’amicizia siano due esperienze vitali molto diverse tra loro e che, per quanto l’affetto sia una componente fondamentale di entrambi, non siano riducibili l’uno all’altro.

Cicerone afferma che l’amicizia nasce per lo più tra persone virtuose, consapevoli della propria personalità, capaci di donarsi e desiderose di approfondire la conoscenza reciproca a partire da una simpatia iniziale. L’autore, infatti, sottolinea più volte che l’amicizia ha bisogno di tempo, oltre che di virtù, e su questo noi partecipanti ci siamo trovati in sintonia. Consolidare un’amicizia significa avere un progetto comune, il quale, inevitabilmente, non può non svilupparsi nel tempo. Bisogna diffidare di chi si dichiara nostro “grande amico” dopo una conoscenza ancora superficiale, così come delle persone che ci manifestano sin dall’inizio adulazione e affetto in maniera esagerata. L’impressione che se ne ricava è di persone che cercano un’ancora a cui aggrapparsi, una presenza con cui esorcizzare un vuoto interiore, una condizione di solitudine. In tal caso, il bisogno di un amico a tutti i costi sovrasta il desiderio di conoscere e condividere qualcosa con quella specifica persona, che, invece, va sempre riconosciuta nella propria peculiarità.

Abbiamo sottolineato come in età matura il modo di vivere l’amicizia è comunque meno totalizzante che in adolescenza. Gli impegni e le dimensioni variegate della vita adulta di fatto impediscono una condivisione totale e portano a sviluppare amicizie in cui si condividono alcuni interessi e non altri. Su questo non ci siamo trovati in perfetta sintonia con Cicerone, il quale in alcuni punti afferma che nell’amicizia ci deve essere il massimo accordo delle volontà, delle propensioni e delle opinioni.

In ogni caso, le dimensioni dell’affetto reciproco, della sincerità, della complicità e del piacere dello stare insieme sono un minimo comun denominatore importante, altrimenti l’amicizia scade in semplice condivisione della compagnia, senza che ci sia un rapporto che diventi veramente significativo. Alcune “amicizie”, poi, si fondano sulla convenienza, sull’utilità e il vantaggio che si può trarre da quella conoscenza e questo è un aspetto abominevole, che Cicerone condanna più volte.

Un rapporto incide davvero nella vita di una persona solo se si basa sul sostegno vicendevole, sullo scambio, sul rispetto e sulla conoscenza autentica l’uno dell’altro. Ad un certo punto, ci siamo soffermati proprio su questo aspetto. Partendo dall’esperienza di alcuni di noi, ci siamo resi conto che a volte delle presunte amicizie sono talmente sbilanciate dal depauperare di energie uno dei protagonisti di tale rapporto. Succede che un po’ per inclinazione, un po’ per circostanze di vita o per un bisogno personale di sentirci utili, a volte portiamo una persona a cercarci con l’intento preciso di confidarsi, di essere ascoltato. Ora, se è vero che uno dei grandi doni di chi aspira ad un’amicizia vera e profonda è quello dell’ascolto, è anche vero che questa cosa dovrebbe avvenire in maniera biunivoca. Accade, invece, che qualcuno sfrutti la pazienza e la disponibilità dell’altro per scaricargli addosso tutte le proprie problematiche e inquietudini e che, quando è l’altro ad avere bisogno dello stesso tipo di supporto, si tira indietro. Se questa dinamica si ripete più volte, in genere l’amicizia si svilisce e si sgretola perché un rapporto egoistico e a senso unico non ha senso. Così come non regge un rapporto in cui la disuguaglianza diventa eccessiva, dove si ingenerano vissuti di inferiorità e di invidia o dove le persone sentono il bisogno di svalutare l’altro per nascondere un senso di inadeguatezza e una bassa autostima.

In ogni caso, Cicerone raccomanda di evitare gli strappi improvvisi (a meno che non siano accaduti eventi talmente gravi per cui ci si deve allontanare bruscamente da una persona) e di lasciare che il rapporto si allenti gradualmente.   

Ciò che è veramente importante è riflettere su cosa non è andato in un’amicizia, altrimenti si corre il rischio della coazione a ripetere, ovvero di ricadere negli stessi errori.

Se uno degli obiettivi principali della vita è quello di non smettere mai di crescere e di aumentare le frange dell’autoconsapevolezza, allora riflettere responsabilmente su quello che ha inquinato un’amicizia importante e apprendere dall’esperienza vissuta può essere uno strumento fondamentale per lo sviluppo personale.

Eleonora Castellano, docente e scrittrice

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