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INTERVISTA AL POETA STEFANO LOVECCHIO

 

BREVE BIOGRAFIA DI STEFANO LOVECCHIO

Nato a Sant’Angelo dei Lombardi nel 1960, Stefano Lovecchio lavora e vive a Matera da ormai 40 anni. Scrive poesie ma anche brevi racconti e favole sin da ragazzo. In questa sua prima raccolta di poesie “Arando il caos”, sono presenti in ordine cronologico alcune opere più salienti del suo percorso artistico, da “Dolcezza”, scritta negli anni Ottanta, a “Mani giunte” scritta pochi giorni prima della stampa. Nel mese di novembre 2009 ha pubblicato con la Casa Editrice Montedit la raccolta Arando il caos. Blog di Stefano Lovecchio

 



Quando hai avvertito i primi vagiti poetici e quindi il bisogno di farne segno scritto?

Vagito ?!  Detto così sembra una creatura che si manifesta, ma già esisteva nel grembo del pensiero, pur non avendone piena consapevolezza. E in effetti è così. A 15 anni, quel “ qualcosa “ che si  formava nel divenire del mio vissuto, era pronto per entrare in dialogo creativo. Questa dinamica è sempre tale ogni volta che mi ritrovo a scrivere . Il foglio di carta o elettronico in cui riverso, in realtà è qualcosa che è stato già fecondato e in divenire nel foglio del mio esistere tra scelte o omissioni, domande o risposte … E a volte domande come risposte o risposte che domandano, oltre.. La poesia ?!”

La ricerca, l'indagarsi e lo stupore sono cammino del poeta. Qual è il cammino di Stefano Lovecchio?

Sei certa che sia una domanda ?! A me sembra una istigazione a scrivere un romanzo.   Considero però che fra le innumerevoli vicende alterne del mio vissuto, quel “ foglio “, disponibile a farsi scrivere dalla dimensione poetica del vivere,  è sempre rimasto una costante oltre la mia stessa consapevolezza razionale e persino della mia capacità di stupore. E’ evidente e inconfutabile dunque che la poesia non sia un optional del vivere, è la vocazione stessa del vivere di ognuno . Non è nemmeno una ricerca, direi essenzialmente farsi trovare allo scrivere delle domande e delle risposte essenziali che non pretendono nulla o impongono nulla, ma se le accogli non hai altro da fare che darci vita vissuta. La poesia non è dunque un hobby da elite. Non è un pensiero che si crogiola in se stesso e resta senza vita; non è di esistenze che navigano con la testa tra le nuvole sempre raffreddati. La poesia è un inciampo tenerissimo e terribile al pensiero sterile. Ecco, direi che questo è il cammino dell’uomo e foglio”, Stefano , corteggiato dalla poesia a cominciare dalla propria poesia insita nel proprio esistere e, dunque, insita in ogni esistenza. Ma questa non era una domanda  Era una istigazione a scrivere un romanzo.”

Ordo ab Chao, l'ordine dal caos, è il primo pensiero che mi ha suscitato il titolo della tua silloge "Arando il caos" (Montedit 2009 - collana i Gigli). Ti ritrovi in questo concetto?

Ordine… Ordinare cosa? Si può mettere in ordine solo ciò che si è già palesato come presente nella nostra conoscenza. Ma detto così si esclude dall’ordinare ciò di cui non abbiamo conoscenza . Ma ciò di cui non abbiamo conoscenza non vuol dire che non esista e probabilmente ciò di cui non siamo a conoscenza è essenziale per quel mettere in ordine. Dunque la domanda essenziale è, ordinare perché ? A cosa tende questo ordinare? Il caos d’altronde, quella miriade di conosciuto e non conosciuto che pone domande al nostro esistere, di per sé non è negativo ma cela una positività creativa la cui potenzialità è possibile solo se partecipiamo personalmente a tale caos. Dunque né l’ordine né il caos sono sufficienti a se stessi. E non sono nemmeno in competizione. Direi attendono una comunione, un’agape dialogante e appassionata e persino gelosa per ogni refolo di esistenza. La culla di tutto ciò è l’ascolto. Ascolto come atto profondamente creativo e persino cruento se ci si vuol cimentare nelle domande esistenziali, ma non come voli pindarici distaccati dal noi, piuttosto come un arare terra brulla e inselvatichita dal non dialogo. Ovvero il pensiero umano che intuisce il non conosciuto come essenziale e tra il conosciuto e il non conosciuto avverte come vero e necessario un porre nella zolla scelte personali che mirano all’agape del sensato per ogni esistenza, tra ogni esistenza. E la zolla è quella poesia recondita che corteggia il nostro pensiero in tal senso.”

"La poesia può comunicare anche prima di essere capita",  affermava Thomas Stearns Eliot, che ne pensi?

Direi di più. Direi che la poesia è anzitutto evocare, invocare, celebrare  la pietà per eccellenza: scendere cioè a viso aperto nella propria identità dove l’incredulità per la poesia del proprio essere ,ha spesso un regno subdolo e cruento. Chi scrive poesia, essenzialmente non scrive, celebra quella pietà. Il proprio vissuto dal quale prende vita lo scrivere, non è il frutto da capire, è solo un inciampo dialogante per chi legga. Il frutto della poesia non è di chi scrive, ma è per chi ne voglia leggere; ma non tutti siamo disposti a inciampare in questa zolla per scendere a viso aperto in quell’agape a partire da noi stessi.”

Ho letto questa tua bellissima considerazione: "La poesia è un po' come abbracciarsi senza nulla chiedere", ce ne vuoi parlare?

Un abbraccio, a vederlo così sembra un avvolgersi, persino appartenersi. Persino un lasciare il mondo fuori. Un abbraccio può essere e dovrebbe essere esattamente in una dinamica opposta; non appartenersi ma liberarsi l’un l’atro. Liberare cioè la reciproca bellezza e unicità in una dinamica esistenziale fondata sulla commozione reale di quella bellezza e quindi degna del proprio vivere dialogante. In quel mentre, l’abbraccio diviene comunione dialogante  fondata su quella commozione, ma diviene viatico di espressione della propria identità, proprio nel mentre due unicità si accolgono. Direi tutto ciò dinamica di amicizia . Ed è una dinamica che dovrebbe essere a fondamento di ogni relazione umana, non ultimo, il percorso di servitù e regalità gelosa, insieme, nell’amore tra un uomo e una donna che mira proprio a viversi contemplazione vivente della piena espressione della bellezza dell’altro. La Poesia è dinamica di amicizia. Non vuole possedere la tua identità ma servirla gelosa. E’ una dinamica esigente e coinvolgente. La stessa Poesia, non è una ipotesi, ma essa stessa realizza la propria identità ed espressione, nel momento in cui la si  accoglie lasciandosi interpellare da essa. In questo senso, l’abbraccio della Poesia è un gesto esistenziale reale perché implica la adesione personale alla Poesia che viene a interpellare la nostra identità e bellezza perché si esprima totalmente.”

Grazie Stefano e “abbraccio poetico”!

Silvia Calzolari, poetessa e collaboratrice dell'associazione L'accento di Socrate



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