Ragnatele
Cremisi di Claudia Piccinno Ed. La Lettera Scarlatta, 2015
La
parola di Claudia Piccinno nella raccolta Ragnatele Cremisi sa
evocare simbolismi e ricreare significati che hanno la capacità
di enumarsi in profondi abissi e silenzi, quasi a superare ogni
barriera per porsi in dirittura d’arrivo a una fitta analisi
di contenuti che segnano la sua storia personale e le sue
emozioni. Trovo la sua poesia pregnante di riverberi e di
luci che s’intridono al sentimento ma che trasferiscono la
sua parola a variare accenti, metafore, allusioni, colori, suoni,
ricordi, presenze e assenze in profondi accenti, riuscendo a
dotarsi di registri mnemonici forti, di pensieri e di sguardi che
vanno al di là di semplici luoghi comuni, e in modo più
metaforico ne innescano una forte discontinuità con il
minimalismo moderno. Versi insoliti che trasmettono il senso della
scrittura che oscilla tra il sé e il fuori da sé. La
perfetta luminosità di un’anima che sa consolidare
giorno per giorno, direi quasi, ora per ora le drammaticità
del vissuto e giocare con le allusioni, coi distillati di memoria,
con gl’impatti lessicali delle sue immagini analitiche dense
e talvolta quasi dissonanti, ma sempre fortemente trasfigurative,
lapidarie, quasi graffianti, per quella sorta di oscillazione
interpretativa che ne interiorizza registri e sensazioni di buon
livello: Claudia Piccinno ispirata da sentimenti che non demandano
ai posteri l’abilità delle forme sinestetiche, sa
analizzare come un tecnico da laboratorio con aghi sottili di
lenti d’ingrandimento o di vetrini che hanno la tensionalità
del distillato limpido le proprie emozioni, che danno all’empatico
momento una sferzata di energia pura. Vi è scioltezza e
familiarità col verso, si fa scabro il superfluo, la parola
sa virare al momento opportuno verso toni d’anima che
respirano la trasparenza e la schiettezza delle sue vicende
private, delle avversità e delle assenze che pure ha
incontrato nella vita, come tutti, ma che in lei rivivono di luce
e di bellezza sofferta, ma contenuta, come in questi versi: “E
nacque un “noi” fatto di parole/ per quelle
interferenze/ che il caso irradiò a raffica/ nell’alchimia
del crepuscolo” (da Un cantuccio virtuale).
di
Ninnj Di Stefano Busà
(febbraio
2016 - Tutti i diritti
riservati©)
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