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Uomini o computer?


Vi sono fatti che consideriamo acquisiti e scevri da qualunque possibile cambiamento, vediamo cose che non ci sono perché fino a ieri c’erano, leggiamo parole non scritte perché pensiamo che lo siano. Siamo immersi in convinzioni che ci portano a commettere errori, a giurare il falso solo perché siamo convinti, erroneamente, sia il vero. Non si tratta solamente di lasciarsi ingannare dalle apparenze, ma di qualcosa di più profondo e radicato nel nostro intimo. Per certi versi il nostro modo di “ragionare” è assimilabile a quello di un computer che cerca di intuire e prevenire, quando scriviamo, per esempio, la parola che abbiamo in mente, sempre che ce ne accorgiamo, proponendone alcune possibili. In questo caso noi o scegliamo la parola che fa al caso nostro oppure la scriviamo di sana pianta lasciando al pc le sue proposte.

Permettere agli altri di pensare, decidere per noi, in questo caso, alla tecnologia è senz’altro più comodo, ma ha un costo: la perdita della capacità decisionale, il rischio di essere robotizzati e di diventare maggiormente manipolabili poiché dietro alla tecnologia vi sono sempre menti umane preparate a sfruttare a loro vantaggio le debolezze che vengono a crearsi nella società.

Certamente lasciar fare agli altri fa risparmiare tempo che è forse una delle cose più preziose di cui possiamo disporre. Però le scorciatoie non sempre ci portano dove vogliamo, può accadere che ci facciano smarrire portandoci fuori strada, in luoghi sconosciuti che non desideriamo incontrare. Se vogliamo evitare di finire dove non vorremmo, di fare brutte figure, venire abusati, è necessario fare qualche sforzo e ricominciare a vedere le cose come se fosse la prima volta anche se crediamo di conoscerle a memoria, rileggere quello che scriviamo più volte, possibilmente ad alta voce ed imparare ad osservare bene tutto ciò che ci circonda: sono i particolari che fanno le differenze, solo osservando con molta attenzione e ponendoci domande riusciremo ad evitare quelle scorciatoie che potrebbero farci finire anche in un burrone.


Max Bonfanti, filosofo analista (Febbraio 2021 - Tutti i diritti riservati©)



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L'accento di Socrate