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Se fossi in te

 

Accade, sovente, che si parli, si facciano inferenze e affermazioni senza soffermarsi sul reale significato di quanto viene detto, domanda e risposta. Ciò si verifica sia perché non si considerano nella giusta misura le proposizioni in oggetto e sia perché il linguaggio del parlare tanto per parlare corre su un diverso binario dal linguaggio ponderato e per ponderato intendo le parole espresse con cognizione di causa e se promettono mantengono.

Quante volte, per esempio, abbiamo detto o pensato di dire se fossi in te, se fossi in lui, se fossi in lei”o ancor più pretenziosamente se fossi in loro? Sicuramente tante volte ci sarà capitato almeno di pensarlo, ma ci siamo mai chiesti cosa voglia dire, cosa implichi un’asserzione del genere? Poche, se non mai. La proposizione esprime un paradosso, dice: se io potessi essere dentro di te. È evidente che nessuno può stare dentro un’altra persona se non durante la gestazione. Ma, ammettendo che ciò sia possibile ci troveremmo di fronte a due possibilità: entrare in qualcuno con tutto ciò che ci caratterizza oppure senza, come una tabula rasa, pronti ad essere accolti dall’altro.

Cosa accadrebbe nel primo caso?

Accadrebbe che i due vissuti si “impasterebbero” formando una persona diversa da entrambe col risultato che il “se fossi in te” agirebbe in un modo differente da ognuna delle due persone. Verrebbe meno il proposito dell’asserzione.

Cosa accadrebbe invece nel secondo caso?

Anche in questo caso il proposito verrebbe meno in quanto entrando come una tabula rasa si acquisirebbero in toto le caratteristiche dell’ospite. Sarebbe quindi più realistico dire semplicemente: ”se mi trovassi nella tua situazione” e, anche se i differenti vissuti  nella maggior parte dei casi poco conciliabili tra loro lasciassero poco margine ad un sostanziale cambiamento d’opinione, si potrebbe egualmente dare un suggerimento da un diverso punto di vista. Ciò accade perché il parlare tanto per parlare, si espande ogni giorno sempre più fagocitando il parlare ponderato ed così che si dice “chiamami”, “ti chiamo io” e nessuno chiama oppure “conta su di me, per te ci sarò sempre” e nel momento del bisogno non ci sarà, ma l’esempio più esplicito arriva dalla politica dove il parlare tanto per parlare salvo rare eccezioni diventa una conditio sine qua non.


Max Bonfanti socio fondatore e vice presidente dell'associazione culturale L'accento di Socrate

(Tutti i diritti riservati©)


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