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Esseri viventi non dotati parola



Come ogni anno in estate si torna a parlare dell'abbandono degli animali, in realtà questa pratica continua durante tutto il corso dei 365 giorni. Non ha quindi alcun senso parlarne ora? Repetita juvant, ma quando ripetere giova davvero? Quando si fa qualcosa per trasformare alle radici la cultura, non è sufficiente, se pur utile e deterrente, dare una rilevanza penale all'abbandono. Deve cambiare la coscienza. Finché si permette di allevare animali per uso esclusivo della vivisezione, finché per colorare gli alimenti si importa un colorante rosso ricavato dall'allevamento intensivo delle coccinelle, finché si fa bere il vino ai cani per divertirsi a vederne gli effetti: finché tutto questo continuerà ad accadere saremo molto lontani da una visione non razzista degli esseri viventi. Lo so che anche gli umani fin dalla più tenera età sono sottoposti in più parti del mondo a crudeltà inimmaginabili, ma questo non deve essere il solito alibi per non fare qualcosa: chi ama davvero gli animali ama anche gli esseri umani che in una visione filosofica sono, come diceva Aristotele, degli animali (zoon) dotati di linguaggio. Anche gli umani, come il resto dei viventi, non sono tutti uguali: c'è chi ha la fortuna di nascere in una famiglia che tutela la sua esistenza fin dall'inizio, c'è chi invece ha la disgrazia di venire al mondo condannato alla sottomissione e all'abuso. Possiamo ben comprendere che se non cambierà qualcosa di sostanziale, gli slogan contro l'abbandono e la punizione della legge poco riusciranno a fare: se non ci si fermerà un po' a riflettere sul fatto che la teoria del filosofo Hegel per cui nella storia si avvicenderebbero epoche in cui la dinamica servo-padrone si potrebbe ribaltare e quindi chi è servo ha la possibilità di diventare padrone. Ognuno, di conseguenza, potrebbe diventare un capo. Beh, questa è una bella favoletta per illudere chi è servo! Allora noi che abbiamo la ragione usiamola per riflettere su questa realtà, adoperiamoci per un cambiamento culturale che parta dal considerare gli animali degli esseri viventi non dotati di parola, ma non per questo insensibili alle sensazioni di dolore, di sofferenza, di disagio e di tristezza.

Maria Giovanna Farina


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