Amanda
Lear: visioni di una pittrice
Donna
di spettacolo, cantante e prima ancora modella di Salvador Dalì:
Amanda Lear ci fa conoscere il suo lato più intimo, quello
di pittrice. L'ho incontrata durante il vernissage della personale
milanese alla galleria Milano Art Gallery Spazio Culturale di
via Alessi. Tante opere danno il titolo alla mostra: Visioni. Le
zone della sua anima rappresentate sulla tela sono la
rielaborazione intima di grandi miti della grecità per lei
importanti “luoghi di ispirazione” per “parlare”
della sua personale visione del mondo: da Penelope e Ulisse fino
ad un azzurro Jimi Hendrix.
Penelope
e Ulisse: quale visione è stata? Lei
aveva l'ossessione del suo Ulisse, la storia è nota, ho
voluto fare una testa sola con due occhi. È la storia di
una donna con un'ossessione amorosa, una cosa che hai in testa
dalla mattina alla sera: mi è capitato. Lei è il
simbolo della fedeltà, è una cosa rarissima
(sorride). Trovo molta ispirazione nella mitologia, abbiamo il Re
Mida che si trasforma in oro… Poi
lei riesce a riportarli all'oggi? Sì,
perché sono dei thriller, delle storie terrificanti,
pensiamo alla Medusa con i serpenti assassini. Adoro la mitologia,
devo dire che Salvador Dalì mi aveva già iniziato a
tutte queste cose mitologiche. Se vado agli Uffizi di Firenze c'è
la Venere di Botticelli, l'altro giorno ero a Roma alla Galleria
Borghese a vedere Dafne che si trasforma in albero…tutto
questo mi ha ispirata. Oggi mi sembra che l'ispirazione dei
pittori sia meno verso i grandi miti: vedo che fanno magari una
donna grassottella sdraiata, non so… un cadavere di
mucca Insomma
lei parte dalle origini di tutto, dalla grecità? Mi
sento molto mediterranea e adoro la Grecia, non potrei vivere in
America Noi
esserei umani lasciamo delle tracce nel mondo, un'artista come lei
lo fa con i suoi quadri. Che rapporto ha Amanda Lear con le tracce
che lascia? Non
sto cercando di passare alla storia, penso che quando sparirò,
sparirà tutto: sarebbe bello ma non ho questa ossessione di
lasciare il segno. Certe cantanti anche quando sono morte,
pensiamo a Edit Piaff e alle sue canzoni come La vie en rose,
rimangono…poi c'è gente che viene dimenticata. Io
nel mondo dello spettacolo non penso di aver fatto una grande
carriera da lasciare il segno Preferisce
lasciarlo con la pittura? Assolutamente!
Questa è una cosa molto più personale, non è
un lavoro di gruppo: fai un disco e c'è un team. Ci sono i
musicisti, il produttore…un film poi non parliamone. Con la
pittura è diverso, sei tu da sola davanti alla tua tela con
un'angoscia terrificante davanti alla tela bianca e ti chiedi
“Adesso cosa ci metto?”. È dunque una cosa
molto più intima e per questo mi vergogno, ho un po' di
imbarazzo a far vedere i miei quadri perché vieni giudicata
su questo quadro che hai fatto. È un po' come far leggere
il tuo giornale intimo Il
diario? Sì,
il diario dove scrivi “Oggi che dispiacere, ho
litigato”…ecco è lo stesso!
foto
di Gina Di Dato
Maria
Giovanna Farina presidente
dell'associazione culturale L'accento di Socrate
(Tutti
i diritti riservati©)
Condividi
i tuoi commenti con noi
PAGINA
DI DISCUSSIONE SU FACEBOOK: CLICCA "Mi piace" su
L'ACCENTO DI SOCRATE
|